Pina: ciao Gina. Come va? 

Gina: ciao Pina. Ho ancora un po’ di magone per il Simoncelli. Che tragedia

Pina: era la sua ora Gina. Guardando e riguardando com’è morto non mi viene da dire nient’altro. La moto che non cade, lui che resta attaccato, le moto che lo seguono che lo prendono tra la tuta e il casco dove non è protetto. Era scritto.

Gina: hai ragione Pina. Ma, senti un po’, cosa mi dici dei soccorsi. 

Pina: ti dico quello che avrebbero dovuto dire e scrivere tutti: niente. In un mondo come quello dei motori dove il più barbone guadagna come un bancario, scommetti che quei quattro poveri cristi che hanno raccolto il povero Marco sono gratificati con un portachiavi? Ma non confonderti. Non sto dicendo che avrebbero fatto meglio se fossero stati pagati di più. Dico solo che in certe situazioni e condizioni vanno nel panico fior di professionisti. Figuriamoci i dilettanti. Il papà di Marco è stato un signore anche in questo. Ha ringraziato tutti e ha stoppato i soliti ghostbusters idioti. 

Gina: certo che la famiglia Simoncelli ha reagito in modo incredibile. Che forza. 

Pina: si, però guarda che il dolore è una brutta bestia. Te lo dico per esperienza personale. Fino a quando hai gente intorno riesci a controllarlo. Quando con il passare dei giorni si resta inevitabilmente soli il dolore ritorna più forte dei primi istanti. I parenti, gli amici, i giornalisti, gli appassionati. Ognuno è richiamato alla propria quotidianità. E tu guardi un cellulare che non suona più, un campanello che non suona più, aspetti un abbraccio che non arriva più e cerchi un sorriso e una voce che non ci sono più. E’ dura Gina. Per un genitore è il dolore peggiore. 

Gina: mi fai piangere Pina. Speriamo che mamma, papà e sorellina di Marco riescano in qualche modo a trovare la forza per andare avanti. 

Pina: sono certa che sarà così. 

Gina: salutato il Sic torniamo a casa nostra? 

Pina: intendi questa povera città dove non ne fanno una giusta. Dopo tutto sto tempo a far la gimkana tra una stazione e l’altra si accorgono alla fine che la strada nuova pende più del previsto. Progettisti e direttori dei lavori di gran livello. Speriamo che cambino città. Mal comune mezzo gaudio.

Gina: bè comunque hanno detto che la salitella è solo un po’ più accentuata di prima.

Pina: ma chi se ne frega della salitella. E poi cos’avrebbero dovuto fare? Ridisfare tutto e cominciare da capo? E’ il metodo “medicinali anticolesterolo”. Non si vendono? Si abbassa il limite “rischio vita” et voilà il gioco è fatto. 

Gina: mah! Non ti seguo fino in fondo ma penso di aver capito. La frittata è fatta, è un po’ pesantina ma con un bel digestivo passa tutto. 

Pina: brava. Hai capito tutto. Con le parole facciamo un po’ a cazzotti ma siamo talmente sorelle che ci capiamo al volo.

Gina: e comunque, teniamoci stretta la nostra “salitella”. Guarda i guasti che hanno combinato negli anni in tante altre parti. Poi la natura si ribella e scoppiano i drammi. In Liguria è solo l’ultimo di una lunga serie. Ultimo in ordine di tempo  Pina: oh Madonna! Gina, non portar male!

Gina: ma dai! Non parlare anche te di sfortuna e malocchio, o peggio, di acqua assassina e montagna killer. I pirla siamo noi! Noi che non puliamo più le fogne, che tagliamo gli alberi senza ripiantarli, che costruiamo case anche sugli spigoli, ecc. ecc. ecc.. Poi quando mettiamo in fila i morti allora si che diventiamo imbattibili. Ma solo nel piangere e nel proclamare la “calamità naturale”. Naturale un corno! 

Pina: si ho capito, ma gli abitanti della Liguria cosa possono fare? Certe decisioni cadono dall’alto. 

Gina: e allora partiamo dal basso. Chi può decidere di pulire i tombini? Ti ricordi ai nostri tempi i mucchietti di fango a bordo strada? Un tempo da noi pioveva meno? Direi almeno come oggi. Eppure per vedere fiumi e i laghi che nascono spontanei nei nostri centri abitati e nelle periferie sono dovuta arrivare a settant’anni. Concludo prima che mi rispondi qualche fesseria. Non sto dicendo che se in Liguria avessero pulito i tombini non sarebbe successo niente. Dico solo che le alluvioni e i crolli sono le dure punizioni alla cultura del chissenefrega. Era ottobre anche nel 1963. Il Vajont non ha insegnato niente

Pina: mamma mia sta settimana che temi  

Gina: e questo è un altro problema. Noi siamo due betoniche che chiacchierano sull’onda delle emozioni di questi giorni. Chi di dovere dovrebbe invece occuparsene ogni Santo giorno. Anche perché sono pagati ogni Santo giorno. A proposito, la Dea Calì della Protezione Civile, Grandi Eventi, ecc. ecc., Guido Bertolaso, che fine ha fatto? 

Pina: più o meno la fine degli abitanti delle Cinque Terre: sommerso dal fango. Meritato o meno lo sapremo come al solito tra vent’anni

Gina: con la differenza che la sua vita presente e futura e il suo conto in banca non hanno niente a che vedere con il presente, il futuro e tanto meno il conto in banca degli abitanti delle Cinque Terre

Pina: e andiamo avanti

Gina: vai avanti te che a me mi scappa da piangere.

Pina: sai che ogni tanto penso alla mia vita. Ho vissuto la miseria, una guerra, mi sono fatta una famiglia

Gina: ferma, ferma, ferma! Siamo già depresse abbastanza senza metterci a fare analisi e bilanci. Facciamo che per sta settimana la chiudiamo qui.

Pina: obbedisco Gina! Basìn.

Gina: basìn Pina

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