Un giornalista varesotto in giro per il mondo a seguire il Motomondiale. Ha 29 anni e da quattro stagioni, per lavoro, si è immerso in questo mondo. Si chiama Cristian Massa ed è nato e cresciuto a Luino. Lavora per la Dorna Sports S.L.: sino all'anno scorso ha ricoperto il ruolo di giornalista web, mentre da questa stagione è giornalista tv. E quindi ha cominciato a girare il mondo al seguito del circo delle moto. E può capitare una domenica tragica, come quella di Sepang in Malesia del 23 ottobre scorso, quando ha perso la vita Marco Simoncelli. 

Cristian, dov'eri quando c'è stato l'incidente?
“Io abitualmente assisto alle gare dai box. Quando è successo ero appena entrato nel Zona Operativa Dorna e ho visto l'incidente di Simoncelli in diretta da un monitor”.

E cosa hai pensato?
“Ho visto il casco scivolargli via dalla testa e ho pensato subito che ci sarebbe voluto un miracolo per rivederlo sano e salvo”.

Che rapporto avevi con Marco Simoncelli?
“Lo intervistavo ogni santo giorno in ogni fine settimana: il venerdì, il sabato e la domenica di ogni Gran Premio. Non posso dire che eravamo amici, ma c'era un rapporto sereno, era sempre disponibile, mai sopra le righe e sempre corretto”.

In questi giorni i suoi tifosi e tutti gli appassionati si sono attivati per far sì che il circuito di Misano venga intitolato a lui. Cosa ne pensi?
“Io me lo auguro che gli intitolino la pista di Misano perché se lo merita. Era semplicemente una persona normale, che rideva e scherzava con tutti. Una qualità che non tutti hanno”. 

E' così raro trovare un “Simoncelli” in questo mondo?
“Marco era come Valentino Rossi: sempre e comunque una persona semplice. E disponibile con tutti. Ed è per questo che erano tanto amici. Mi piace ricordarlo sorridente e sereno, a prescindere da come fossero andate prove, qualifiche o gara”. 

Eri lì, vicino a papà Paolo Simoncelli quando è stata diffusa la triste notizia. Cosa vi siete detti?
“Quando gli hanno dato la notizia ufficiale della morte del figlio sono stati minuti di isteria, di paura e di nervosismo. Non saprei dire altro”. 

Lo stesso papà ha chiesto di fare un minuto di “casino” a Valencia al posto del silenzio per ricordare Marco Simoncelli. Lo faranno?
“Personalmente credo che sia una richiesta accettabile, poiché arriva direttamente dal padre. Sono d'accordo perché credo che lui lo conosca meglio di chiunque altro”. 

C'è un tuo aneddoto o una scena carina con Marco Simoncelli che puoi raccontare?
“Un mini aneddoto c'è: stavo preparando con lui e con i suoi meccanici un video di presentazione del team dove tutti dovevano presentarsi in inglese dicendo nome/cognome/nazionalità e ruolo nel team. Il video iniziava con Marco che, microfono alla mano, doveva dire: “Hi all, I'm Marco Simoncelli, rider for San Carlo Honda Gresini, and this is my team”.
Per sua iniziativa, e con una traduzione letterale dall'italiano all'inglese, una volta iniziate le riprese invece di dire la frase concordata, ha iniziato con “Hi all, I'm Marco Simoncelli, throttle engineer for San Carlo Honda Gresini, and this is my team”. Perché lui più che pilota, si sentiva un ingegnere del gas”.

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