CECCO: Beppe, abbiamo perso qualche giro…
BEPPE: che sarà mai…
CECCO: il Varese ai playoff, roba che un po’ di tempo fa nessuno avrebbe pronosticato…
BEPPE: un bel po’ di tempo fa…
CECCO: vero. Miracolo Maran…
BEPPE: Miracolo Maran ma miracolo di tutti. Lo sai, non è mai una sola persona che vince, nemmeno quando si gioca a tennis (a meno che non sia un torneo minore a cui partecipano giocatori che non hanno preparatori, allenatori, dietisti e via dicendo…).
CECCO: però la svolta l’ha data lui, Maran…
BEPPE: non c’è dubbio ma ha trovato terreno fertile in squadra e nel contorno. Io sono del parere che una promozione è quasi sempre miracolosa e vi devono concorrere un sacco di elementi, dentro e anche fuori la squadra.
CECCO: stai parlando di promozione…
BEPPE: un lapsus, è chiaro. Ma forse è beneaugurante… Comunque per vincere bisogna che ci siano molti elementi. La squadra forte non basta, anche se ci vuole.
CECCO: ma è il caso di crederci?
BEPPE: a volte si parla, anche a sproposito, di sogni, di illusioni, di speranze… La storia dei playoff dice che quasi sempre vince la squadra meglio piazzata in classifica, che si suppone dunque sia quella che nell’arco di mesi, e non solo in qualche isolata occasione, ha dimostrato dei valori superiori agli altri. Però è anche vero che in così poche partite, quando si confrontano squadre più o meno dello stesso valore, può esserci la sorpresona…
CECCO: ma tu ci credi o no?
BEPPE: prudentemente ti dico di no. E ti spiego perché. Ho detto, ed è vero, che la storia dei playoff insegna che di solito vince la terza in classifica, cioè quella squadra che è rimasta fuori, magari di poco, dalla promozione diretta. Stavolta, oltre alla terza e alla quarta, abbiamo anche la Sampdoria, che arriva di rincorsa, che è obiettivamente forte almeno quanto le altre e che avrà qualche occhio di riguardo nei suoi confronti.
CECCO: faccio un’umile osservazione…
BEPPE: prego, osservi pure…
CECCO: hai parlato di forza espressa dalla classifica e del fatto che di solito è la terza in classifica a vincere i playoff.
BEPPE: le cose sono andate quasi sempre così.
CECCO: a ben guardare, il Varese di Maran (sottolineo, quello di Maran) dovrebbe essere secondo o al massimo terzo in classifica, se non era inesatto un dato che avevo letto prima della sconfitta di Verona.
BEPPE: è un’osservazione calzante. E, come il mio lapsus di prima, beneaugurante. Io spero che il Varese la spunti. Ma, come già ti avevo detto un sacco di tempo fa, per me il Varese ha vinto il suo campionato quando ha guadagnato la salvezza e quindi con essa la possibilità di giocare per un’altra stagione in serie B, a questi livelli.
CECCO: ma la serie A non ti sfagiola?
BEPPE: penso che se il Varese andasse in serie A non potrebbe giocare a Varese: dovrebbe emigrare probabilmente a Novara e la cosa a me non piacerebbe. E poi farebbe la fine del Novara: subito retrocesso.
CECCO: perché dici questa cosa?
BEPPE: perché credo che il “Franco Ossola” non potrebbe essere adeguato in tempi rapidi (e con quali spese, poi?) per ospitare la serie A. Non è una questione di campo e forse nemmeno di spalti, in qualche modo per quelli ci si arrangerebbe. Ma credo che l’infrastruttura sia inadeguata per tutto il resto: stampa, televisioni, parcheggi, aree vip e tutti i requisiti che uno
stadio di serie A deve possedere. Ti faccio un esempio: dove parcheggia il presidente della Sampdoria che viene a vedere la partita? Mah, forse il presidente potrà parcheggiare lì dove c’è il pullman della squadra ospite; ma tutti gli altri vip dove posteggiano le loro poderose fuoriserie? Sul piazzale De Gasperi? Capisci che non ci siamo…
CECCO: allora si rinuncia?
BEPPE: ma figurati! Una promozione in serie A sarebbe libidinosa per la società che farebbe il pieno di quattrini (cinque o sei volte quello che incassa adesso in serie B per i diritti televisivi, oltre agli incassi maggiorati non di poco…) ma anche per i giocatori, che vedrebbero le loro quotazioni e i loro guadagni schizzare in alto. Chi sostiene che una squadra può rinunciare alla promozione in serie A è fuori dal mondo, credimi…
CECCO: una parolina sul “caso Terlizzi”?
BEPPE: mah, sai, io l’ho seguìto dai giornali e mi sono stracontato. Qualche giornale non ha detto una parola, altri hanno scritto che Terlizzi era stato messo fuori rosa, situazione che presuppone un atto, come dire che uno è morto e non è più vivo, perché non c’è via di mezzo, o è in rosa o non lo è; e Terlizzi non è mai stato messo fuori rosa. Ma mi pare ci sia anche chi ha raccontato le cose giuste.
CECCO: ma tu che dici?
BEPPE: Terlizzi a Verona ha fatto un po’ di pipì fuori dal vaso, se n’è accorto, ha cercato di recuperare, poiché non è un ragazzino e non è affatto uno stupido ha mosso i passi che doveva muovere e la cosa si è sistemata. Ma la spiegazione l’ha data lui stesso in una intervista mi pare uscita mercoledì scorso: ha detto in pratica che lui vuole essere sempre un esempio in questa squadra. E a volte chi sente di avere delle responsabilità (perché è più anziano, perché ha un curriculum che altri non hanno e quindi anche
per questo ha più carisma) si sente in dovere di fare qualcosa di più. E per fare di più qualche volta si sbaglia. Comunque io Terlizzi lo perdono, per me è in buona fede, anche se magari in qualche occasione può essere un po’ rompiballe in spogliatoio.
CECCO: e la Cimberio?
BEPPE: beh, parlano gli applausi del pubblico che l’ha salutata ieri sera al commiato, dopo l’ultima partita con Siena.
CECCO: non avrebbe potuto fare di più?
BEPPE: forse sì ma qualcosa ha sbagliato. Ha sbagliato la squadra in qualche partita, ha sbagliato prima la società con due scelte assurde di americani (Hurtt e Weeden prima di richiamare Goss). Ma è andata così. E comunque la qualificazione ai playoff qualcosa lascia negli annali: meglio esserci, seppure per poco, che non esserci. Come alle finali di Coppa Italia, che la Cimberio ha mancato.
CECCO: e Recalcati?
BEPPE: da fuori si coglie ormai una certa aria di divorzio. A me spiace perché è stato un personaggio importante nella storia più e meno recente di Varese, ma non posso biasimare la società che vuole cambiare, rinnovare, svecchiare. Lo dice un vecchietto, largo ai più giovani… E adesso, da vecchietto, penso anche di togliermi da qui.
CECCO: solo adesso però…
BEPPE: certo, solo adesso che mi è venuta fame.
CECCO: alla prossima, allora!
BEPPE: alla prossima!

Il Cecco e il Beppe