Il
confronto sportivo tra compagini della stessa città è noto come “derby”. Il
nome, che deriva dalla omonima città inglese, evoca epici scontri, partite al
cardiopalma, incontri ad alta tensione. I tifosi stessi considerano il derby la
madre di tutte le partite, spesso priva di fair play, in realtà più sugli
spalti che in campo. Il trionfo garantisce pace sociale, la sconfitta è foriera
di scherno, lazzi, umiliazioni e frustrazioni che spesso degenerano in atti
inconsulti. E' necessario, dunque, creare uno schermo a protezione dei più
piccoli, bambini atleti  più vulnerabili
al commento idiota, all'esasperazione agonistica, alla riproduzione di un gesto
violento. I media con senso di responsabilità; gli atleti, in campo, sul
rettangolo di gioco, sul parquet, in piscina, ovunque si svolga un confronto
agonistico, senza mai dimenticare che i bambini guardano, si emozionano,
sognano, imitano. Le Scuole Calcio della nostra città vivono numerosi derby,
segno di positivo fermento sportivo ma che deve essere, sempre e comunque,
trampolino educativo per ben utilizzare l'energia emozionale che ne
deriva. Londra è, probabilmente, la
città al mondo con il più alto numero di squadre sportive, dal Calcio al Rugby.
Arsenal, Tottenham, QPR, Crystal Palace, West Ham United e numerose altre
formazioni si affrontano spesso. Non scontri “fratricidi”, ma incontri “tra
fratelli”, ardore agonistico, fair play da professionisti sul campo ;  incitamento, tifo spasmodico, fair play da
correttezza, sugli spalti. Stracittadine di culto. Il derby è pane quotidiano
che si trasforma in festa di quartiere, lo stadio è un grande parco
divertimenti per famiglie, già frequentato molte ore prima della partita, come
avviene a Lisbona per Sporting-Benfica. Fair play da barbecue, pollo e patatine.
E poi tutti a tifare, bimbi compresi. Perché sanno che, in fondo, è solo un
gioco. E la sconfitta prevede solo innocui scherzi tra compagni di classe. In
Italia è l'esatto contrario. La nostra cultura sportiva è medievale, il fair
play esiste solo nei convegni, la sconfitta peggio della lebbra. Non c'è
rimedio, i teppisti godono dell'immunità calcistica, gli stadi si svuotano, gli
atleti sono vittime e carnefici di se stessi, i campionati minori scimmiottano
le nefandezze dei loro fratelli maggiori. Unica soluzione, ripartire da Manè
Garrincha. Si, l'angelo dalle gambe storte, campione del mondo di calcio e di
sfortuna. Garrincha rappresentava il gioco per il puro gusto di giocare. Ha
vinto molto, ha perso tutto. Ma era un uomo buono. I bambini amavano l'uomo che
parlava ai passeri. Adoravano la sua semplicità. Garrincha giocò molti derby di
Rio de Janeiro con il suo Botafogo . Ma alla storia passò un
Flamengo-Fluminense del 1941. Il pareggio non serve al Flamengo, mancano sei
minuti ed il punteggio è sul 2-2. I giocatori della Fluminense adottano un
diabolico artifizio: appena in possesso di palla la scagliano nella vicina
laguna. Disperati, i tifosi del “Fla” si gettano a turno in acqua al recupero
del pallone, mentre l'arbitro ferma il tempo. Il match durerà tutta la notte,
sospeso alle quattro del mattino per crollo fisico dei contendenti, arbitro e
tifosi compresi.

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