Il riferimento musicale per Pablo Mariano Granoche è fin troppo facile da cogliere. Servita addirittura su un piatto d'argento la canzone “El Diablo” dei Litfiba, mi sembra perfetta per descrivere molti aspetti, non tutti per carità, che riguardano la vita di Pablito il cui soprannome, tanto per cominciare, è proprio “El Diablo”.

“Un nick inventato per me da un tuo collega triestino che nel 2007, quando seppe che stavo per sbarcare a Trieste titolò: In città sta per arrivare un Diablo!, mutuando per il sottoscritto il soprannome che identifica i giocatori del Toluca, la squadra in cui avevo giocato in Messico. Nel team messicano, infatti, per il colore rosso intenso della divisa da gioco, tutti i giocatori sono chiamati “Diablos”. Un appellativo che mi piace abbastanza, ma mi raffigura solo sul campo. Sul rettangolo verde cerco infatti di esprimere aggressività, intensità e cattiveria agonistica perché, lontano dal campo, in compagnia di Eleonora, mia moglie, e la piccola Sophia, la mia bimba di 13 mesi, conduco una vita molto tranquilla, tutta dedicata agli affetti e al calore della famiglia, parenti compresi e Varese, coi suoi dintorni ricchi di verde, mi sembra il luogo ideale per vivere. Tra l'altro anche altri amici mi hanno parlato bene della città, parlandomi di un'alta qualità di vita. Così, non appena riuscirò a completare il trasloco da Novara, mi riprometto di cominciare a conoscerla meglio ed apprezzarla”.

Intanto, come presentazione a città e tifosi non potevi scegliere miglior biglietto da visita: 2 gol, prestazione eccellente e vittoria contro l'Albinoleffe.
“Non voglio prendermi meriti particolari e ti dico che gran parte di quello ho fatto va invece attribuito ai miei compagni. Come potrai capire ho vissuto una settimana decisamente strana perché, arrivato a Varese mercoledì, ho potuto lavorare con il gruppo solo per tre allenamenti durante i quali, tra l'altro, vista la presenza della neve, non abbiamo potuto combinare granché sotto il profilo tattico. Per questa ragione, ripeto, devo dire grazie ai miei compagni che mi hanno seguito e aiutato dicendomi dove andare e collaborando molto per “disegnare” la mia esatta collocazione sul prato. Poi, è chiaro, c'è voluto anche un pizzico di fortuna, ma in questo senso, come saprai, ero a credito quindi ho solo iniziato raccogliere quello che, a mio parere, era dovuto”.

Pensi di dover passare, tra qualche mese, all'incasso “quello grosso”?
“Sarebbe bello e certamente potrebbe essere il coronamento di un sogno che il Varese ha già accarezzato lo scorso anno. Per quanto mi riguarda posso solo aggiungere che il gruppo è attrezzato, ben allenato, ha notevolissime qualità fisiche, tecniche, caratteriali e la società è seria e ben organizzata. Insomma, non ci manca nulla e, di più, siamo consapevoli di due cose: in un torneo molto duro e competitivo possiamo dire la nostra e a questo punto, con la classifica che abbiamo sarebbe davvero da stupidi non provarci. Però sempre con l'umiltà che ho avvertito fin dal primo minuto trascorso nello spogliatoio biancorosso. I ragazzi sanno che il calcio è materia complicata e che nessuno ci regalerà nulla. A partire dal match di sabato pomeriggio contro il Gubbio. Quindi: testa bassa, tanto lavoro e tanto sudore. I conti li faremo alla fine”.

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