La bocciatura del Governo all'ipotesi di candidare Roma come sede per le Olimpiadi del 2020, ha immediatamente provocato ovazioni e polemiche, soprattutto legate al particolare stato di congiuntura economica che sta subendo il nostro Bel Paese.

Senza entrare completamente nel merito della decisione del governo tecnico Monti, che comunque sembra abbia preso una direzione coerente con l'impronta che si vuol dare al Paese in questo delicato momento storico, si può dire che la decisione di bocciare la candidatura di Roma olimpica sia priva di un tatticismo prospettico per le sorti dello sport nel nostro paese.

Per poter affrontare meglio questo concetto, abbiamo interpellato l'avvocato Luca Scolari, in veste di organizzatore di un altro evento di portata mondiale, il Giubileo degli Sportivi, tenutosi a Roma nel 2000.

Con lui abbiamo cercato di sviscerare i punti di criticità principali relativi alla decisione presa dal premier Monti, che non ha pensato all'ipotesi di poter far slittare la candidatura olimpica per Roma dal 2020 al 2024, un anno esatto prima del prossimo Giubileo, che ancora una volta convoglierà milioni di persone nel tempio della Cristianità.

Scolari inizia la sua disamina facendo una considerazione importante: sono stati preparati dossier e prospetti, con tanto di investimenti ad essi correlati, consapevoli del fatto che la candidatura di Roma era molto probabilmente quella che avrebbe sbaragliato le avversarie. Impedire dunque il normale iter procedurale con il no del Governo ha scontentato molti dei soggetti coinvolti, soprattutto perché la candidatura dell'Italia era data come la favorita in sede di votazione. Capisco la delusione e la rabbia del comitato promotore soprattutto per i tempi  tatticamente inadeguati di comunicazione, se non fosse stato l'ultimo giorno i dirigenti sportivi Italiani avrebbero potuto “far pesare” la non candidatura con le altre federazioni per il futuro. Dire no quindi vuol dire gettare al vento il lavoro fatto sin'ora, senza avere un'alternativa possibile a breve. E Scolari precisa questa sua affermazione. Dire no a Roma 2020 senza una controproposta, vuol dire rompere i rapporti con l'organizzazione olimpica fino a data da destinarsi. Soprattutto non è stato preso in considerazione un aspetto fondamentale: il coinvolgimento dei privati oltre che dello Stato, nell'affrontare l'onere di organizzare, costruire, dotarsi di infrastrutture adeguate ad un evento mondiale come un'Olimpiade.

Si parla spesso, in questo periodo soprattutto, dell'importanza che l'indotto sportivo può avere nell'economia di una nazione. Nel mondo del calcio da qualche tempo si sottolinea come sia vitale, per le società, avere degli stadi di proprietà da poter sfruttare completamente per un ritorno economico e di immagine, che consenta dunque alle realtà sportive di potersi gestire completamente sotto ogni profilo. La capitale è sede di due realtà calcistiche, Roma e Lazio, che hanno in programma di dotarsi di stadi nuovi e che in un progetto olimpico avrebbero potuto far convogliare anche i propri investitori. Dopo l'esperienza di Italia '90, con le sue cattedrali nel deserto o come è successo per le Olimpiadi invernali di Torino, dove molte delle strutture sono state abbandonate al loro destino, forse la politica, seppur tecnica, ha avuto paura di doversi sobbarcare per intero un onere ingombrante e rischioso proprio in prospettiva. Il governo Monti non ha voluto lasciare questo ingombrante fardello ai propri successori, senza però prendere in considerazione che l'onere poteva essere trasformato in onore se ben gestito e articolato con il subentro, nell'impresa olimpica, di interessi privati.

Ecco dunque l'idea che Scolari sposa caldamente e che si sente, anche, di voler proporre come alternativa all'addio italiano di un evento importante come un'Olimpiade.

Nel 2025 Roma, come già anticipato, sarà nuovamente sede del Giubileo e con esso anche il Giubileo degli sportivi, quindi esattamente sei mesi dopo le Olimpiadi del 2024. Perché allora non cercare le sinergie giuste per far convogliare fondi ed energie in un progetto unico che coinvolga ancor più soggetti interessati?  L'idea, senza entrare nella fantapolitica sportiva che ad esempio coinvolge i discorsi circa l'obbligo morale di dare le Olimpiadi a Parigi del 2024 per la coincidenza con il centenario dei giochi francesi, in effetti non sembra essere stata presa in considerazione da nessuno degli addetti alla presentazione della candidatura romana. Roma come sede, nel corso di pochi mesi, di due manifestazioni che hanno bisogno di infrastrutture importanti, pressoché identiche e utilizzabili sia in sede di evento che poi in prospettiva. Tornando al discorso degli stadi di proprietà, si potrebbero convogliare gli interessi delle società Roma e Lazio nella costruzione di nuovi impianti adatti anche ad ospitare i giochi Olimpici, salvo poi poterle avere per sé per gli anni a venire, come stadi moderni e funzionali, costruiti quindi con una comunione di intenti e capitali in piccola parte pubblica e in larga misura proveniente da imprenditori privati, gli stessi che avrebbero interesse a sposare i progetti per tempi del calcio d'avanguardia. Inoltre, l'organizzazione di un singolo evento, come l'Olimpiade, richiede uno sforzo economico enorme. Così come la stessa organizzazione del Giubileo. La sinergia anche nell'organizzazione dei due eventi abbasserebbe notevolmente i costi per le competenze necessarie, in quanto spalmate su un arco temporale maggiore.

Con una proposta ben articolata, anche il nostro Governo, in previsione di uscire dalla crisi che attanaglia il nostro paese, avrebbe ampio respiro nel momento in cui si trovasse a valutare la possibilità di portare in Italia un evento, come le Olimpiadi appunto, che di certo darebbe una grande sferzata alla stagnante economia italiana, subito seguito poi da una manifestazione come il Giubileo, in ogni sua sfaccettatura, che porta in Italia milioni di persone e che viene organizzato con il contributo fondamentale del mondo ecclesiastico. Inoltre bisogna sottolineare un ultimo aspetto: in Italia ci sono i dirigenti sportivi più preparati al mondo e soprattutto bisogna uscire dal luogo comune che organizzare un evento a Roma, come a Milano o in qualsiasi altra città, faccia bene solo a quella stessa città. Le Olimpiadi di Roma sono le Olimpiadi italiane. Per questo motivo l'imprenditorialità italiana dovrebbe farsi promotrice di un progetto globale, che coinvolga pubblico e privato, e quindi le migliori specializzazioni presenti nel nostro paese, per far si che non si creino altre cattedrali nel deserto con il consueto spreco di fondi pubblici, che poi sono la causa di decisioni drastiche e poco programmatiche che vanno a discapito di reali possibilità di sviluppo legate ad eventi mondiali, come quelli che coinvolgono lo sport, che creano un indotto che nessun altro ambito è in grado di equiparare.

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