E’ sbarcata a Londra per la sua seconda prima volta alle Paralimpiadi la piemontese Silvia De Maria componente del doppio di adaptive rowing con Daniele Stefanoni (nella foto del titolo  all’arrivo a Londra) . Per la De Maria è la seconda partecipazione dopo quella del 2008 a Pechino nel torneo di tennis.
“Ci siamo – afferma raggiante la De Maria – Stiamo bene e in condizioni psicofisiche ottimali. Ormai ragiono e parlo al plurale. Con Daniele formiamo una coppia molto affiatata e il Centro Federale di Gavirate è diventata la nostra casa”.
Dopo la carriera da tennista hai sposato la causa del canottaggio. Una scelta non certo di comodo…
“In realtà per me il tennis era semplicemente un gioco.  Avvicinandomi al canottaggio ho invece scoperto cosa vuol dire praticare una disciplina sportiva. Mi sono rafforzata e completata nel fisico. Diciamo che adesso mi sento un’atleta vera. In un primo tempo pensavo a questo come primo obiettivo. Oggi invece mi ritrovo a Londra per partecipare alla mia seconda Paralimpiade. Non mi resta che tener sotto controllo emozione e tensione per farle esplodere in gara fin dalla “batteria” di giovedì”.
Stefanoni ha già gareggiato nel “doppio” a Pechino arrivando ad un soffio del podio con Stefania Toscano. Cosa ti ha raccontato di quell’avventura?

“Poco o nulla anche perché non voglio sapere niente di ciò che è stato. Da oggi voglio scoprire e godermi questa nuova esperienza giorno per giorno”.
Tennis e canottaggio. Differenze?

“Anche il tennis contempla una pratica di gruppo con una squadra, il responsabile tecnico e nel mio caso il compagno di doppio, ma nel canottaggio l’appartenenza al gruppo è senz’altro  più marcata. Per non parlare poi del rapporto con il tuo compagno di barca decisamente più intimo, non fosse altro per tutto il tempo che si condivide nelle per manifestazioni e raduni. Un affiatamento che da grandi vantaggi in gara quanto più è ottimale. Inoltre far parte di un  gruppo mia ha aiutata a limare le parti più spigolose del mio carattere facendomi crescere anche dal punto di vista umano”.
Cosa ti aspetti da questa avventura? Cosa ti farebbe felice?

“Non mi aspetto nulla. In questi quattro anni ho imparato a remare e cosa significa far vita da atleti. A Londra sarei felice di dimostrare quanto siamo arrivati a fare allenamento dopo allenamento”.
Sei una donna alla sua seconda Paralimpiade, una testimonial ideale per promuovere l’attività sportiva per le giovani con disabilità.

“Nel torinese ma anche nel resto del Piemonte partecipo spesso a incontri e manifestazioni di promozione del canottaggio. La durezza della disciplina non incoraggia, soprattutto  le giovanissime. Lo sci, il tennis e altre specialità sono certamente più accattivanti. L’importante è che si provi qualsiasi cosa per poter scegliere. Il mio invito alle ragazze con qualsiasi disabilità è quello di uscire di casa  per mettersi in discussione. Se volete provare il canottaggio il cancello del Centro Federale di Gavirate è sempre spalancato”.

R.B