Le gradinate degli stadi, i parterre dei palazzetti, le seggiole più o meno comode di vari impianti sportivi sono spesso testimoni muti ed inanimati di episodi di fanatismo ai confini della realtà, momenti di vera follia, l'altra faccia del fair play. Ma tra le pieghe della stupida violenza, a volte, è possibile estrapolare brandelli di autentica passione che trasformano il protagonista in monumento vivente al fair play. E' sufficiente un gesto, una parola, uno stato d'animo e ciò che pare routine assume il valore del colpo di genio, un gioiello di emozione da incastonare ad imperitura memoria. La recente prestazione del Milan all'Emirates Stadium di Londra, ad un passo dal tracollo, mi ricorda momenti da incubo. Varese è una città ricca di tutto, che può vantare numerosi mostri sacri del tifo colto, geni assoluti del fair play da passione sportiva. Il popolare Buccio, avvocato di qualità, patrocinatore di pregio, verticalizzatore a Cabiaglio, nutre per il Milan un'autentica venerazione. Ebbi il privilegio di assistere, in qualità di testimone, alla più feroce beffa mai perpetrata dal fato ai danni del noto professionista del foro. 25 maggio 2005, finale di Champions League Milan-Liverpool. La casa del degno leguleio è un santuario, bandiere rossonere, oggetti di culto, album di figurine, richiami alla storia del Milan, dal mitico “paron” Rocco a Ray “rasoio” Wilkins, passando per Joe Jordan, detto lo squalo. Insomma, un delirio.

Il match si mette subito bene per i rossoneri, gol di Maldini, ululato del Buccio, raddoppio di Crespo, gesti inconsulti, assist di Kakà per il terzo gol di Crespo, lacrime, singhiozzi ed invocazioni al “grande Gianni ” (Rivera n.d.r.) in ginocchio, in estasi. Fine del primo tempo, balcone di casa, l'insigne luminare da Corte d'Appello si lascia andare, preda dell'emozione e di una pericolosa sicumera, a sequele di insulti verso tutto ciò che non sia rossonero. Da segnalare – grave errore caro Buccio- un “Moggi impiccati ” espresso con particolare foga.

La ripresa ci consegna un Buccio ringiovanito, azzarderei “bello”, gentile con la moglie Isa, una santa, elegantemente allungato sulla poltrona. Ma gli dei sono in agguato.! L'insulto a Luciano Moggi, proprietario dei destini calcistici dell'Europa occidentale, innesca una reazione a catena che mi vedrà, mio malgrado, terrificato testimone della trasfigurazione di un uomo. Avviene tutto in pochi minuti, gol del Liverpool, il Buccio non si scompone, dichiara ” ma si, mai infierire”. Di nuovo il Liverpool, il Buccio abbandona la posizione “alla Fazio” sulla poltrona e muta espressione, forse consapevole di ciò che sta per accadere. Il cielo si oscura, tempeste magnetiche alterano le percezioni, la terra si scuote, il Liverpool pareggia! L'uomo che conoscevo, l'avvocato di grido, buon padre di famiglia, devoto, scompare. Al suo posto un subumano, un primate, un granello di sabbia nelle mani dell'ineluttabile. Il Buccio è pietra, il Buccio è antimateria, il Buccio è clinicamente morto. Nell'ultimo afflato di vita e follia calcistica mi consegna la lista dei rigoristi del Milan. Sono affranto, ormai è delirio puro. Si compie, dunque, ciò che è scritto, il Liverpool vince ed io osservo un uomo solo, preda dei suoi fantasmi, con le Furie che gli martellano il cervello con una semplice, terribile domanda: “Perché hai insultato Moggi”?

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