Vorrei parlare per un attimo del Varese di Sannino. Tranquilli, non si tratta del periodico attacco di nostalgia che assale chi ha vissuto da vicino quei tempi, ma del ricordo di una squadra che ricorda assai quella di Sottili. Forse la più entusiasmante da quando i biancorossi sono in B, ancor più di quella di Maran, che arrivò a perdere contro la Samp la finale perla A. Era un gruppo che giocava con il brivido di dover dimostrare ogni 90 minuti il proprio valore, composto da sconosciuti vogliosi di affermazione, sostenuto da un pubblico entusiasta cresciuto di numero partita dopo partita. Ricordo la partita di Bergamo, alla quarta giornata, quando Neto infilò subito la porta dell’Albinoleffe facendo credere in una passeggiata. Invece arrivò il pari prima dell’intervallo e la sconfitta nel secondo tempo. Ho ancora in mente la corsa di Sannino sotto lo spicchio di curva dove erano sistemati i suoi tifosi, i gesti con i quali chiedeva scusa assumendosi tutte le colpe di quello scivolone. Quel giorno cominciò il vero campionato di una matricola destinata a diventare la più bella sorpresa della stagione.
L’anticipo di venerdì scorso mi ha ricordato per molti versi quella partita, non solo perché Sottili (per la prima volta in questa stagione) non ha saputo rispondere alle mosse del tecnico avversario (Mutti ha inserito Ciano a spingere sulla fascia di Calil e Franco, quella dove il Varese affondava con più facilità). Ma per l’atteggiamento poco umile con cui la squadra al momento prima in classifica è tornata sul terreno di gioco dopo l’intervallo. Non è un’accusa naturalmente, ma una semplice constatazione. Il Varese, questo Varese, deve giocare ogni secondo da ultimo della classe, deve azzannare con avidità ogni centimetro di campo. Ecco perché dalla sconfitta di Padova si può imparare tanto. Inutile concentrarsi sui singoli, su Pavoletti straordinario nel suo feeling con il gol o su Neto che purtroppo viaggia ancora a corrente alternata, sulle sbandate difensive del giovane Ely o sull’esuberanza autolesionista di Franco. E’ stata una sconfitta del collettivo ed è tutta la squadra a dover riprendere a correre come sa. Vi è mai capitato quando eravate bambini di scappare nel corridoio di casa sentendovi inseguiti ma dietro non c’era nessuno? Quel brivido lungo la schiena deve tornare. Il corridoio del campionato è lungo e gente dietro costretta ad inseguire c’è davvero.

Vito Romaniello 
Direttore AGR