Potentissimo, ma allo stesso tempo lieve. Dotato di una magia che si rifà a gesti semplici e soluzioni tecniche decise. Qualche volta eccessivo, ma senza compiacimenti, senza inutili giochi da prestigiatore, senza niente di barocco nel suo scattare verso il ferro e violarlo con facilità con tremende schiacciate che fanno a pezzi le mani protese del difensore, scaraventandolo, insieme alla palla, nell’anello arancione.
Bryant Dunston, sul parquet, è tutto questo. Fuori campo, invece, nessuno mi toglie di dosso l’idea che sia solo un gran bravo ragazzo. Di quelli che aiutano le vecchiette ad attraversare la strada. Di quelli che nei pomeriggi liberi danno una mano ai più piccoli nel fare i compiti. Ma Bryant è, prima di tutto, una brava persona cresciuta con solidi principi ed ho ben presente il nostro incontro, Valsesia, agosto 2012. Dunston, testa bassa e timidezza esibita, si esprimeva a monosillabi infarcendo le sue risposte con frequenti “Yes, sir. No, sir”. Educazione che, mi sembrava, rasentasse la disciplina. Solo dopo ho scoperto che un simile comportamento era del tutto normale per un ragazzo cresciuto all’ombra di un padre militare di professione: “In realtà -osserva Dunston-, quando ti ci trovi coinvolto, sono più gli altri a farti notare questi aspetti, ma ovviamente penso che l’aver avuto un papà professionalmente orientato a disciplina, rigore e ordine abbia influenzato non poco il mio modo di essere. In ogni caso educazione è un termine che, a casa nostra, ha sempre avuto notevole importanza”.
Alla gente di Varese piace, e molto, anche il tuo modo di stare in campo: sembri sempre freddo e sotto controllo. Di te si ricordano rarissime “sceneggiate”.
“Sul freddo -sorride Bryant-, ci sarebbe di che discutere perchè sensazioni ed emozioni sono spesso travolgenti. Però, è vero, in questi anni ho imparato a dominare i sentimenti, consapevole che mie reazioni sbagliate possono provocare danni alla squadra. Da ragazzo infatti ero abbastanza agitato, ma col passare del tempo mi sono dato una regolata, ho imparato a gestire meglio le energie e a restare concentrato su quello che conta davvero. Insomma, in poche parole il concetto è questo: sono diventato più maturo”.
Non per nulla Bryant, da giocatore assai più saggio della sua età, bacchetta la squadra dopo la prestazione insufficiente prodotta a Montegranaro.
“Siamo scesi in campo con scarsa concentrazione, probabilmente pensando che sarebbe stata una gara facile. Invece la Sutor, molto più intensa e determinata di noi ci ha dato una severa lezione sotto il profilo mentale. Adesso, però, ci sarà il derby contro Milano: una partita che non dobbiamo sbagliare, e non sbaglieremo, perchè confermare Varese come squadra “numero uno” del campionato, a questo punto della stagione, è una questione di orgoglio, cuore e passione”.

Massimo  Turconi