“Crescere a Blumberg Projects, North Philadelphia, è come prendere 10000 dosi di veleno tutte in una volta: se scampi ad un’esperienza del genere, niente altro nella vita ti potrà fare male”. Bel modo di iniziare un curriculum-vitae, direte voi. Ma questo è stato quello scelto da Mike Green, favoloso playmaker della Cimberio Varese, ma soprattutto grande uomo che tifosi, dirigenti, compagni di squadra, addetti ai lavori, tutti quanti, in pochi mesi di permanenza tra noi, hanno imparato ad apprezzare, ammirare, amare. Non puoi non voler bene ad un personaggio simile che, tra crudi racconti di una realtà nemmeno immaginabile se non l’hai vissuta e teneri sogni adagiati sul futuro, in campo regala energia, leadership, giocate di livello superiore, fuori dispensa saggezza, equilibrio, gentilezza e disponibilità. Comportamenti che partono da lontano. Sempre da quel sobborgo di Philadelphia in cui Mike ha imparato presto, per fortuna, a discriminare ciò che è bene è ciò che non lo è.
“Ti assicuro che crescere a Blumberg non è stato facile e – dice Green -, meno ancora è stato scegliere perchè su un lato della strada c’erano droga, violenza, prevaricazione, ma anche soldi facili e uno stile di vita falsamente luccicante. Tutte cose che possono attrarre nel modo sbagliato un ragazzino. Dall’altro lato della via c’era, invece, la fatica nel dover portare avanti ogni giorno una vita onesta, fatta di cose semplici, sacrifici, sudore. Io, nel bivio, sono stato fortunato perchè dalla mia parte ho avuto le persone giuste e il basket. Devo tutto a mia madre Elaina, che ha saputo trasmettermi i valori della vita, facendomi capire quali fossero gli atteggiamenti davvero positivi da seguire e imitare. Ma devo tanto anche ad alcuni allenatori che hanno giocato un ruolo fondamentale nella mia vita. Per tutti cito Greg Wright, mio insegnante al Liceo Franklin. Molto più che una guida. Poi, anche se può sembrare paradossale, ringrazio proprio le esperienze di strada e tutti quei ragazzi, alcuni amici d’infanzia, che col loro esempio negativo, col loro entrare e uscire dal carcere, col fisico ed il cervello devastato dalla droga, mi hanno aperto gli occhi e fatto capire che la mia vita non poteva finire in quello stesso, stupido, modo. Loro stessi, nei rari momenti di lucidità, vedendomi al playground mi esortavano a stare lontano dai guai. “Hai talento, mi dicevano, usalo nella maniera giusta per uscire da qui, per lasciarti dietro questo schifo, perchè tu puoi farcela”. Ricordi indelebili che ancora oggi mi danno grandi motivazioni”.
Le stesse che i tifosi varesini “annusano” ogni volta che ti vedono sul parquet.
“Sono cresciuto immerso in un clima di enorme competitività con il verbo “lottare” più importante di respirare. In strada, al campetto sotto casa, all’high school, al college: sempre battersi per essere il migliore. Per me è del tutto normale, vorrei dire naturale, giocare sempre al massimo”.
Per arrivare dove con questa Cimberio?
“Ti dirò, dopo la sconfitta in Coppa Italia mi sono sentito uno straccio (eufemismo…), ma nei giorni successivi, insieme ai miei compagni, recuperato un pizzico di serenità di giudizio, abbiamo alzato ancora di più il livello di fiducia, consapevolezza nei nostri mezzi alimentando una certezza: per il gran ballo dello scudetto tutti dovranno fare i conti con Varese”.

Massimo  Turconi