“Se riesci ad affrontare vittoria e sconfitta e a trattare questi due impostori allo stesso modo”.
La frase, nota, tratta dall’altrettanto nota poesia “Se” di Rudyard Kipling mi sembra la più adatta per iniziare la chiacchierata con Stefano Bizzozi, assistente di coach Fabrizio Frates. In verità, per descrivere il balordo periodo vissuto dalla Cimberio Varese potremmo prendere in toto la poesia e farne l’esegesi, consapevoli che i vari, molteplici passaggi, sarebbero perfetti per descrivere attualità e prospettive dei biancorossi.
Invece, un pizzico con l’aiuto di Kipling, molto grazie alle cordiali attenzioni di Stefano Bizzozi, l’analisi del momento “down” della Pallacanestro Varese prende forma e, vista da dentro, la realtà di Clark e compagni appare un po’ meno amara. Meno dura. Decisamente meno complicata. Stefano ci aiuta a vedere la realtà con gli occhi chiari della verità. E, se parli di occhi limpidi e tersi, sono pochi quelli che possono battere il tecnico veneto.
“Partiamo da un assunto di base: perdere non fa piacere a nessuno. Figuratevi quindi quanta felicità possa essere dipinta sui volti di persone che, per mestiere, sono pagati per vincere. Però, in questo periodo pieno di difficoltà insieme alla vittoria abbiamo bisogno, tutti, di parole di tranquillità e -dice Bizzozi-, di serenità. Così, pur capendo lo scoramento di una parte di tifosi e l’incazzatura feroce di un altro, credo consistente, gruppo, vorrei provare a sibilarle queste parole. Frasi che, non di comodo, né d’ufficio, vogliono difendere l’operato di un gruppo che sta pagando sulla proprio pelle gli effetti di una costituzione un po’ delicata”.
Pagato cosa, quando e come?
“Dicono che non si dovrebbero mai tirare in ballo gli assenti e che non ci si dovrebbe mai aggrappare a certi alibi, ma a mio parere le sconfitte in serie tra campionato e coppa si declinano con la forzata rinuncia a Ebi Ere e soprattutto a quella, più lunga, di Aubrey Coleman. Le uscite di scena, per quanto temporanee, dei due americani ci hanno tolto quelle certezze che con grande pazienza stavamo costruendo e, non a caso, ci avevano consentito di portare a casa le tre vittorie colte contro Reggio Emilia, Venezia e Avellino. Certezze che, come ognuno potrà immaginare, sono tecniche, ma anche mentali”.
Sei arrivato subito al cuore del problema: com’è la Cimberio di questa stagione?
“Anche se diversi giocatori sono rimasti, tutti sanno che è una formazione profondamente diversa da quella vista nel 2013. Essendo cambiati giocatori nei ruoli chiave è ovviamente diversa dal punto di vista atletico, tecnico e tattico. Quella del 2014 è una squadra che, per forza di cose, gira su registri differenti. E’ un meccanismo dagli equilibri meno stabili rispetto a quella dello scorso anno alla quale per vincere, anche a fronte di gare giocate non benissimo, bastavano un paio di zampate assestate dagli uomini di maggior classe. Questo gruppo, per portare a casa il referto rosa, ha invece bisogno che tutti i ragazzi girino sempre al massimo e nelle ultime settimane, per le ragioni cui accennavo prima, questo non è successo. Così, anche se manca la controprova, sono convintissimo che se fossimo scesi in campo al completo i risultati sarebbero stati altri”.
La squadra, da fuori, appare spesso come un puzzle tecnico-tattico difficile da mettere insieme: dalla pozione del playmaker a quella del centro esistono piccole e grandi perplessità.
“Le perplessità hanno nomi e cognomi ben precisi, ne siamo tutti consapevoli, ma nonostante queste incongruenze, ricordo sempre che eravamo sulla strada giusta per trovare un nostro equilibrio, una nostra modalità di funzionamento. Gli infortuni ci hanno costretto a cattivi allenamenti, partite con giocatori fuori ruolo ed equilibri rimaneggiati o da inventare: esercizio non proprio semplice quando giochi ogni tre giorni. Tuttavia, ripeto, da ottimista di natura, da uno che vede il bicchiere sempre mezzo pieno sono sicuro che supereremo questo momento negativo. I nostri tifosi forse non sanno che questi giocatori in settimana si danno da fare in palestra, lavorano molto bene, sempre con grande impegno, professionalità, cuore e partecipazione. Oggettivamente, più di così non so cosa potrebbero fare”.
Alcuni giocatori sembrano in difficoltà più sul piano mentale: cosa dici, per esempio, ad un ragazzo come Rush?
“Poche cose semplici e dirette: concentrarsi sugli aspetti tecnici, lavorare forte per migliorarli e non farsi condizionare dalla prestazioni che vanno e vengono. Tutte cose non facili e soprattutto non immediate per un ragazzo giovane”.
Di giovane in giovane: Achille Polonara è talvolta nella centrifuga
“Normale che, in una fase di adattamento a tanti stimoli nuovi, accusi qualche sbandamento. Del resto è passato dalla panchina al ruolo di titolare e, in più, ogni tanto gioca anche nel ruolo di ala piccola. Gli sbalzi di rendimento, in questa fase iniziale, vanno messi nel conto, ma Achille è presente e segue scrupolosamente le indicazioni di coach Frates che sta lavorando per dargli anche la dimensione da numero 3”.
Intanto la squadra cambia: arriva Banks. Fuori, per ora, Rush
“Inserimento, o meglio, re-inserimento importante e di qualità, quello di Adrian ma che, inevitabilmente, non sarà come uno schiocco di dita. Dico solo che servirà altro tempo e avremo bisogno di tanti allenamenti per trovare assetti ideali a far convivere giocatori dalle caratteristiche simili. Oggi, pensiamo solo ai passi in avanti fatti e ai miglioramenti che, non solo io, vedo. Pensiamo, al match contro Pesaro, squadra di grande intensità mentale e carattere, che non molla mai. Ma pensiamo, più di tutto, in termini positivi: questa squadra, questo gruppo di giocatori, questo staff, hanno a cuore Varese e sentono dentro la responsabilità di fare bene e restituire quello che il pubblico di Masnago ci sta dando in termini di affetto e sostegno perché, davvero, a Varese capisci meglio che altrove cosa significa ‘vincere insiemeî’”.

Massimo Turconi