Dopo un “santificato” giorno di riposo, si risistemano le bici. Una piccola amara sorpresa nel vedere che qualcuno nel garage custodito le ha “alleggerite” delle lucette e delle borsette per le riparazioni. Poco male. Il vento accoglie i ciclisti fin dall’uscita dell’hotel. Dopo la piana di Mostar si sale verso Stolac fra campagne e melograni. Oggi il fotografo del gruppo, Claudio, è un po’ più prudente. Evita di scavalcare muretti a secco e salire sulle colline per trovare un suggestivo paesaggio da immortalare i ciclisti. Motivo? Gli inquietanti cartelli che segnalano zone non ancora bonificate dalle mine della crudele guerra degli anni ’90.
Spettacolari colline con profumo di timo selvatico con una sola lingua scura d’asfalto che sinuosa sale e scende in valle. Dopo un settantina di chilometri ci si ritrova per sdoganarci ancora verso la Croazia. Il confine ci fa trovare una sgradita sorpresa. La dogana è solo per i locali e per tre giorni (poi la Bosnia entrerà nella Cee), non possiamo uscire. Per gentile concessione gli atleti possono passare ma i furgoni dovranno fare un ampio giro e svalicare molto più a sud.
Un colpo d’occhio stupendo arrivando dall’alto a Dubrovnik (Ragusa)  e dopo 145 km aspri e con un dislivello di 2.500 mt.. ci si sente meno stanchi, anche consapevoli che metà dell’impresa è fatta. Al nostro arrivo ci salutano  anche le sirene delle mastodontiche navi da crociera. Domani ci attende Podgorica, capitale del Montenegro.

LA SESTA TAPPA

Claudio Frasson
(foto http://www.vareseineuropa.eu)