E’ un fiume in piena l’ex presidente del Varese 1910 Antonio Rosati che ci riceve nella sede della sua Holding a Cinisello Balsamo. Dopo un giro negli uffici in cui ci accompagna la moglie Eleonora, Rosati ci accoglie seduto nella sua scrivania dove non mancano gagliardetti del Varese e gadget biancorossi. “Avrei voluto mettere qualche puntino sulle i un po’ di tempo fa, -esordisce – verso marzo, aprile. Le cose però non andavano molto bene sul campo e così ho preferito aspettare. Poi, dopo la salvezza ai playout, è arrivata la rincorsa per l’iscrizione e così eccoci arrivati al 22 di luglio. Ma sono sereno di poter dire la mia con le cose che si sono sistemate per il meglio e con il Varese che nella prossima stagione sarà ancora in serie B”.
L’ex patron biancorosso parte dal raccontare i suoi cinque anni con il Varese: “Nel 2008 stavo comprando lo Spezia, era già tutto fatto, avevo posto solo una condizione: che nella società rimanesse l’Inter che deteneva il 49 per cento delle quote. I nerazzurri però si ritirarono e la trattativa saltò. Di quel progetto faceva parte Sean Sogliano che mi parlò del padre che voleva trovare un’alternativa per la guida del Varese. Detto fatto. In pochi giorni presi possesso della società e la nostra avventura iniziò, senza progetti ben definiti, senza una programmazione chiara. Alla resa dei conti devo dire che non mi sapettavo di poter costruire così tanto in così poco tempo: due promozioni, la B dopo 25 anni e nella stagione del centenario, una semifinale playoff, una finale e una mancata per 1 punto che ancora oggi grida vendetta. Ricordo anche con i nostri piccoli grandi record e ne cito uno su tutti, l’imbattibilità al Franco Ossola di tutta le gestione Sannino“.
A Varese c’è stata anche l’avventura politica… “Non mi sono pentito. C’era la volontà di dare una mano a vari amici che a loro volta mi avevano aiutato. Roberto (Maroni ndr) è stato eletto quindi abbiamo raggiunto l’obiettivo”.
Poi Rosati si fa più serio ed inizia ad entrare nel merito della questione: “Una società di serie A si può permettere di vivere solo grazie ai contributi e agli sponsor che una platea tale ti permette di muovere. Nella serie cadetta questo non accade, il bilancio non va in sofferenza solo se riesci a fare un buon mercato. Valorizzare i giovani, per poter andare a colmare il disavanzo, diventa fondamentale e in questi anni siamo riusciti a farlo molto bene. Cito De Luca per tutti ma voglio ricordare anche tanti giocatori che sono arrivati in biancorosso impolverati; abbiamo dato loro una bella ripulita e siamo riusciti a ricollocarlo facendo un buon affare. Attenzione però – e qui Rosati punta il dito- vendere non vuol dire avere soldi. Spesso un giocatore viene piazzato, ma le entrate fisicamente arrivano magari in quattro, cinque anni, questo genera delle differenze di cassa che vanno colmate. Nella mia gestione penso di aver prodotto fidejussioni per 5 milioni di euro per poter far fronte a questa situazione. E ci tengo a precisare che, seppur non conforme con il mondo reale, nel mondo del calcio funziona così e chi vuole fare calcio deve stare a queste regole. Sembra che io sia scappato con la cassa. Ci sono dei debiti strutturali che oserei dire ordinari per il sistema calcio. Nicola conosceva l’indebitamento del club, lo ha preso non dando una lira al sottoscritto che aveva già rateizzato i debiti verso l’erario. Se compri una casa la devi pagare, se non paghi perché subentri nel mutuo poi non ti puoi lamentare del mutuo che hai. Nicola è subentrato in un debito che per la Serie B è nella norma”.
L’ex patron inizia con il racconto della fine del suo ciclo. “La finale persa contro la Sampdoria è stato un brutto colpo, ero convinto di andare in A. La mia avversaria era il Verona, superato l’ostacolo ero sicuro che con la Samp non avremmo fallito… ma non è stato così. Quella sera stressa ho capito che il mio ciclo a Varese era chiuso, che bisognava passare la mano e dare la possibilità di ripartire a chi aveva nuove energie. Nonostante questo abbiamo fatto un’altra stagione di ottimo livello con i playoff sfumati all’ultima giornata per un solo punto, guarda caso il punto di penalità per la vicenda Pesoli. Ho iniziato così a guardarmi intorno, ma non riuscivo ad individuare nessuno che potesse servire alla causa biancorossa. Poi mi è venuto in mente di coinvolgere Laurenza, il nostro sponsor principale, che ci aveva spesso dimostrato vicinanza e che stimavo, e stimo tutt’ora per quanto è riuscito a fare con le sue aziende”.
Rosati arriva al dunque e ci spiega come funziona nel mondo del calcio se si vuole acquistare una società: “Tutti avete seguito la vicenda Bari e quindi saprete del mio tentavo di acquisto, inoltre in questo periodo ho anche avuto contatti con diverse società. E’ molto semplice prendere una squadra, se il bilancio è a zero, devi staccare un assegno circolare che può aggirarsi tra i 7 e 10 milioni di euro. Se il bilancio della squadra non è a posto allora valuti i debiti e, solitamente, chi subentra si accolla il tutto ed eventualmente versa la differenza. A Varese è andata così con la nuova proprietà che non ha dovuto versare nemmeno un euro al sottoscritto per il passaggio delle quote. Si è parlato di circa 2 milioni di debiti con il territorio che riguardano alberghi, ristoranti, area verde, ma sono gli stessi per tutte le società. Il territorio lavora e incassa, anche se troppo tardi, ma incassa e il debito rimane perché quando incassa il vecchio ha già un altro debito. Nel sistema calcio è fisiologico. I numeri sono nei bilanci non è chi li inventiamo con il pallottoliere. Se qualcosa non quadra a Nicola può rivolgersi ai professionisti“.
La ‘chiacchierata’ entra nel vivo con il racconto di come si è svolta la trattativa con l’attuale presidente del Varese: “Il progetto di Nicola era ed è stimolante e interessante. L’idea era quella di dargli la carica di Presidente con l’ingresso in società con una quota del 10-20 per cento, io avrei mantenuto il 49 e i soci napoletani con Montemurro il resto. Ero tranquillo di lasciare il Varese in buone mani, di poter aiutare Laurenza in un ingresso progressivo nel Varese e così procedere a un passaggio graduale di tutta la società. Ad inizio giugno, infatti, facemmo una conferenza stampa dove venne illustrato questo progetto. Io mi trasferii a Genova e iniziai la mia nuova avventura con i rossoblu senza avere più alcun contatto con Varese per una ventina di giorni e con il nuovo gruppo di lavoro che lavorava alacremente per il Varese. Poi, il giorno prima di andare dal notaio, Laurenza mi disse che non se la sentiva di essere un presidente non ‘decisionale’ avendo solo il 20 per cento delle quote e che voleva rilevare l’83 lasciando a Montemurro il 10 e agli amici di Napoli, portati un anno prima da Carpino, il 7. Così si fece, così è oggi il Varese”.
Poi più nessun contatto con la dirigenza attuale: “Pensavo di poter essere utile o di poter dare una mano. In due circostanze sono stato interpellato e ho fatto quello che mi è stato chiesto. Il 30 giugno dello scorso anno quando per poter fare rientrare nei parametri la società abbiamo effettuato il passaggio di alcuni giovani al Genoa e poi c’è stata l’operazione Pavoletti. Non voglio meriti non miei però il Sassuolo non liberava la punta se non ne entrava un’altra e io ho dato una mano concreata nello spingere Floro Flores da Genova a Sassuolo. Se nessuno mi ha mai più chiamato avrà avuto le sue ottime ragioni, di certo non mi sarei mai messo io ad interferire. E’ stato detto che ho chiamato quando è apparsa la Guardia di Finanza, invece sono stati io a ricevere la chiamata. In tutto ne ho ricevute non più di tre, ma io avrei risposto se ne avessero fatte 333. Sono rimasto in contatto con Milanese“. Mentre i rapporti con Montemurro, supponiamo, si sono incrinati al termine della stagione 2012/2013. E Sogliano? “Recentemente ci siamo fatti una splendida mangiata di pesce ci siamo detti ciò che ci doveva dire”.
Veniamo al presente. Rosati era pronto a “salvare” il Varese che si è iscritto all’ultimo minuto: “Ero pronto ad iscrivere il club riprendendomelo indietro. Nei giorni caldi, non personalmente e senza pubblicità, tramite un professionista del territorio (l’avvocato Stefano Amirante ndr) ho fatto capire alle istituzioni e a Nicola che se ci fosse stato qualche problema sarei subentrato iscrivendolo e portandolo avanti. Detto questo sono contentissimo che ce l’abbiano fatta”. La disponibilità è ancora valida? “Reputo che non ce ne sia bisogno. Ma nel calcio mai dire mai. Sento Varese ancora un po’ mio. Lo avrei aiutato perché era una mia creatura”.
Venuto meno l’acquisto del Bari, cosa farà Rosati ora? “Sicuramente farò ancora calcio, non ho la fobia di farlo domani mattina. Ho partecipato all’asta del Bari ma non è andata a buon fine. Dal giorni prima dell’asta mi sono dovuto dimettere dal Genoa. Ho un gruppo di lavoro,che vuole fare calcio con me. Si tratta di un imprenditore e di un ex calciatore che ha smesso quest’anno. Quando e se troveremo il progetto giusto lo affronteremo. Non è detto che sia Serie A o Serie B, potrebbe essere anche Lega Pro. Per fare calcio bisogna essere preparati e non dei tuttologi, bisogna affidarsi a gruppo di lavoro e non dimenticarsi mai che la squadra di calcio è del territorio e dei tifosi. Un mio consiglio spassionato al Varese è di proseguire sulla strada della gestione virtuosa annunciata, e di far leva sui rapporti interpersonali. Deve vivere di luce riflessa con grandi rapporti con due o tre grandi club. Ci sono squadra, vedi il Crotone, che lo fanno già. Non conosco il ds Ambrosetti, ma deve essere bravo in questo”.
Elisa Cascioli