Marco Armenise e Mauro Bianchi sono forse le figure più “nascoste” della Cimberio Varese.
Eppure, i loro ruoli, li rendono importantissimi, alla pari di Fabrizio Frates, piuttosto che Massimo Ferraiuolo o tutte le altre persone dello staff biancorosso più in “evidenza”.
Il lavoro del primo garantisce ai giocatori (tra le altre cose) la resistenza nel corso di tutto un campionato; il lavoro del secondo, invece, permette agli atleti acciaccati di ritornare nel parquet, il più delle volte a tempo di record. Insomma, senza di loro, probabilmente, i giocatori della Cimberio da soli non riuscirebbero a garantire le prestazioni al massimo del loro potenziale.
Il “dottor” Armenise, chiamato “Cone” da tutti (soprannome attribuitogli da Slay e Goss), è forse il più “rompiscatole” dei due; nulla a che vedere con il suo carattere, tutt’altro. Ma il ruolo che ricopre, quello di preparatore atletico, solitamente è quello meno amato dai giocatori.
“In realtà fortuna vuole che negli ultimi anni si sta facendo tanto per integrare la questione fisica all’aspetto tecnico -racconta ‘Cone’-. Quindi il preparatore atletico non è più quella figura esterna che arriva, ti fa fare due giri di campo e poi se ne va. I giocatori stessi ti reputano ora una figura importante; poi si ride e si scherza, questo è inevitabile, perché la fatica è comunque fatica”.
Come si può arrivare al termine di una partita, oppure di una stagione, con tante energie ancora da dare?
“Ci sono tante leggende metropolitane riguardo al nostro lavoro, ma la verità è che basta cambiare una delle mille variabili del nostro sport che allora tutto cambia. Per cui è presuntuoso chi si prende il merito del lavoro sul giocatore in un anno. Il nostro obiettivo adesso è quello di creare esercizi correttivi che possano mantenere la performance del giocatore mediamente alta nel corso di una stagione. In parole povere; il lavoro fatto ad agosto non influisce a giugno, semmai prepara gli allenamenti forti e tecnici per settembre, quelli di settembre per ottobre, e così via”.
Il lavoro -prosegue- va organizzato di settimana in settimana anche perché ci sono diverse variabili che entrano in gioco: l’infortunio di un giocatore ad esempio è un fatto che ti obbliga a modificare il programma anche per tutti gli altri; altre variabili possono essere le richieste e le necessità dell’allenatore”.
Il giocatore più lavativo e quello che invece spinge anche gli altri per fare il lavoro?
“Di lavativi non ne ho mai avuti fortunatamente. Quelli che tirano il gruppo, invece, sono sempre stati i capitani. Da Galanda, con il quale sono rimasto legato da una grande amicizia, fino a Rannikko due anni fa ed Ere in quest’ultimo biennio. Loro sono stati sempre esemplari sotto questo punto di vista e gli altri li hanno sempre seguiti con professionalità ed impegno”.
Quando poi i giocatori si rompono, si affidano al loro fisioterapista di fiducia: Mauro Bianchi, il cui compito è quello di coccolare l’atleta.
“E’ necessario -sorride- perché quando un giocatore è fermo è triste perché si sente un’entità a parte; non può stare con i suoi compagni, perde la condizione. Per questo motivo il mio lavoro terapeutico deve essere sempre accompagnato ad un lavoro psicologico volto a dare importanza al giocatore facendolo sentire sempre in primo piano in questa grande famiglia che è la Cimberio. Un parola buona messa nel punto giusto fa sempre la differenza”.
Chi preferisce farsi massaggiare prima o dopo le partite?
“Quest’anno a dir la verità non mi danno molte soddisfazioni. Prima della gara Scekic e Banks lo vogliono sempre in modo da entrare subito in condizione. Dopo il match invece preferiscono tornare a casa dalle proprie fidanzate; mi sembra anche giusto…”
Dove può arrivare questa Cimberio?
“Sono fermamente convinto che l’obiettivo playoff sia alla nostra portata. Quindi raggiungiamoli il prima possibile, e poi ci divertiremo…”

Marco Gandini