Stefano Bettinelli. Non c’è bisogno di aggiungere altro. È “sconosciuto”? Sì, ma solo per chi non sa niente del Varese. Nato il 24 settembre del 1962 a Milano, si è trasferito nella Città Giardino insieme alla sua famiglia all’età di 16 anni ed era già tesserato tra le giovanili biancorosse. Sposato e con un figlio, è molto legato agli affetti famigliari e geloso della sua vita privata. Ha allenato i giovani del Varese per diversi anni, prima di approdare in prima squadra come vice, in ordine, di: Carmignani, Sannino e Maran.
Bettinelli in principio. Il tuo legame con i colori biancorossi dura praticamente da una vita…

«Giocai nel Settore Giovanile. Dopo aver fatto tutta la trafila, fino alla Primavera, la società decise di mandarmi a fare le ossa in categorie inferiori e approdai in Svizzera, al Mendrisio, in cui rimasi per 7 anni tra Serie B e Prima Divisione. Mi trovai benissimo e la mia carriera professionistica praticamente si chiuse lì».
bettinelliCome sei diventato allenatore?
«Per caso. I Giovanissimi Provinciali del Gazzada Schianno, formazione in cui giocava mio figlio, rimasero senza allenatore. I dirigenti mi chiesero di dare una mano: ho iniziato per scherzo, poi mi sono appassionato sempre di più e ho continuato per due anni in cui vincemmo due campionati, Giovanissimi e poi Allievi passando dai Provinciali ai Nazionali».
Poi mister biancorosso per 8 lunghissime stagioni…
«Ho avuto la fortuna di arrivare ad allenare la Berretti del Varese in Serie D. Da lì sono passato agli Allievi Nazionali per due stagioni e poi Carmignani mi chiamò come vice nell’anno della C2 in cui poi arrivò Sannino. Dopo Beppe sono rimasto nel Varese di Maran e lo scorso anno mi è stata affidata la Primavera. Quest’anno sono rimasto a spasso, ma è stato un anno importantissimo perché, non lavorando sul campo, ha fatto cose che non avevo mai fatto come vedere tanti allenamenti e partite, e ciò ha contribuito ad arricchirmi professionalmente. Il resto lo sapete, ho ricevuto la chiamata di Lele Ambrosetti».
E cosa hai pensato?
«Che era arrivato il momento che avevo sempre sognato. Non ho pensato alle difficoltà alle quali sarei andato incontro. Non mi spaventano, anzi mi danno la spinta in più per fare bene. Quella di Lele è stata una chiamata che ho sempre sognato di ricevere».
Subentrato a due giornate dalla fine per evitare il peggio, a volerti è stato appunto Ambrosetti, altra figura di Varese arrivata in corsa…
«Nonostante tutte e due siamo di Varese, non lo conosco da molto tempo. Lo scorso anno è venuto a vedere qualche allenamento della Primavera e ci siamo conosciuti così. Tra di noi si è subito instaurato un feeling importante. C’è grande rispetto e belluzzo ambrosettistima reciproca. Durante questa stagione ci siamo trovati per caso in giro sui campi del nord Italia a vedere alcune partite e abbiamo approfondito la nostra conoscenza, ma non immaginavo questa sua stima nei miei riguardi. È una persona abbastanza schiva e non ho mai avuto il sentore che potessi darmi una possibilità come questa».
Serie B, come Bettinelli, ma anche come Belluzzo, chiamato a stare al tuo fianco…
«Sinceramente non mi ricordo quando ho conosciuto Mario perché mi sembra di conoscerlo da sempre e adesso ci siamo rincontrati in questa nuova avventura. Oltre ad essere molto preparato è anche una persona schietta e mi sta dando una mano incredibile. Mi conosce e sa che a me piacciono le persone vere che dicono ciò che pensano. Non mi piacciono gli yes-man».
Cosa hai provato nel tuo esordio in panchina da primo allenatore a Novara?

«È stata un’emozione forte, ma ha preceduto la partita. Dal momento in cui ho messo piede in campo ed è iniziato il riscaldamento l’emozione è svanita. Per me è stata una cosa molto naturale sedermi in panchina, dirigere squadra e dare consigli utili ai ragazzi. Sicuramente venerdì in casa sarà un’emozione diversa, molto più forte penso».
Parlaci del Varese che hai trovato…
«Ho trovato un gruppo di ragazzi stupendi. Capisco che i tifosi da fuori li vedano come dei nomi, invece dentro a quei nomi ci sono uomini. Dietro i loro nomi ho trovato persone meravigliose».
Cosa non ha funzionato quest’anno?
«Non sono chiamato a giudicare. Ho visto alcune partite allo stadio, ma non tutte e non mi ricordo né di prestazioni particolarmente esaltanti, né di brutte. Ho visto partite normali ed è proprio questo ciò che non mi è piaciuto. Non vedevo il Varese che ricordavo. La mia idea è differente: mi piace un calcio di organizzazione, pressing e velocità. Non è detto sia giusto, ma io la vedo così».
Fioretto: se salvi il Varese…
«Io non salvo nessuno! Se succede è perché i ragazzi avranno dato tutto. Mi ricordo che mister Fascetti, in caso di raggiungimento di un obbiettivo prefissato, promise di andare a piedi al Sacro Monte, e per lui non era facile, io magari potrei provare ad andarci di corsa…».

Elisa Cascioli