Siate affamati, siate folli. Parole e musica di Steve Jobs, guru, genio, guida spirituale, santone telematico. Legioni di discepoli ordinatamente in fila , con viveri e generi di conforto, a volte in attesa da giorni, per accaparrarsi la nuova Arca dell’Alleanza in touchscreen. Ed una volta impossessatisi del prezioso manufatto, previo esborso economico non indifferente, eccoli esultare quasi avessero vinto al lotto! Ma è una moltitudine gioiosa ed allegra, appunto folle ed affamata. In realtà, mi ci riconosco alla perfezione. Non tanto nell’investire il mio tempo in logoranti attese tecnologiche, quanto nella definizione di folle ed affamato. Per un piatto di gnocchi galleggianti nello zola potrei perdere il senno, pur senza dividere ore di snervante sosta davanti ad una rivendita di infernali congegni, anche se con grande signorilità. Folle ed affamato. Di bel Calcio. Del mio Brasile, di nuovo portatore sano di Futebol Bailado.

MONDIALI: BRASILE CAMPIONEAffrontai i Mondiali in Corea del 2002 con l’animo di chi sostiene un esame di maturità. Il terrore, al momento cruciale, di non ricordare nulla, nessuna risposta. Scena muta. Il Brasile di Felipe Scolari giungeva in oriente con credenziali pari a zero. Reduce da qualificazioni disastrose – fummo in grado di perdere persino con la Bolivia…- e da una Coppa America inguardabile –regalammo all’Honduras motivo per festa nazionale…-, aveva gli occhi del mondo addosso. I miei, prima di tutto. Sorteggiata in un girone abbordabile, la mia Seleçao, come al solito, partì in sordina, per poi carburare in corsa e giungere, madre mia!, in finale.
Il 30 giugno del 2002 la Cattedrale del Samba di Viale Aguggiari è in fermento. I miei deliri verdeoro, ormai conosciuti in mezza Europa, attirarono l’attenzione della Radio della Svizzera Italiana che organizzò un collegamento con casa mia per il Brasile e, in Germania, con la sorella del giocatore Neuville. Il salotto è sold out. Non c’è un buco libero. Santini e reliquie ovunque. Strumenti musicali, magliette, figurine, libri di Amado, foto di Senna, tutto l’armamentario tipico del fondamentalista verdeoro. Amici, semplici conoscenti, addiritura due estranei. Vale tutto.

Si comincia. Primo tempo di studio, poche emozioni ma una telefonata gradita. Il mio fratello di Calcio e Samba Albertinho Salemi, l’asceta, il solitario. Ci facciamo forza. Secondo tempo. Il Brasile preme, Rivaldo e Ronaldo dettano i ritmi, le fasce paiono autostrade per Cafu e Roberto Carlos, Kleberson e Gilberto Silva come gli Spartani alle Termopili, non passa nessuno. Si percepisce…, è maturo…, i miei figlioli, in rigorosa sindone verdeamarela, mi si stringono addosso. Minuto 67. Ronaldo inciampa sul pallone, insulti da ogni dove, reagisce, riconquista la palla, scambia con Rivaldo che calcia in porta, Oliver Kahn non trattiene e il Fenomeno realizza. E’il caos. Esplode l’Universo. E’ il Big Bang. Sono sommerso, squilla il telefono, si urla, si canta, si suona. Calma ragazzi, i tedeschi non muoiono mai, si sa. Ogni minuto che passa è un’agonia. Minuto 79. Kleberson si invola sulla destra, appoggia a Rivaldo, finta per Ronaldo, tiro, rete!

Ecco ciò che accadde. Il mineiro Gilson, non solo un amico, un fratello, un “irmao” con il quale ho condiviso gioie e dolori, trasmuta. Nel delirio orgiastico della consapevolezza di essere, ormai, Pentacampeoes, cambia specie. Non più umano, un mannaro.  In tutta tranquillità nuotava nell’acquario il Beato Estevao, pesciolino rosso di casa dalle squame sbiancate dal cloro e dal tempo, indifferente all’agitazione degli umani, gentile e premuroso. Molte le partite del Brasile sulle spalle, abituato alle urla ed agli strepiti del gruppo di pazzoidi riuniti per ogni occasione calcistica. Ma il famelico Gilson era in agguato… Fu un attimo. Il verdeoro churrascheiro,  in trance agonistica,  avvistò l’acquario, sul volto comparve uno sguardo cannibale, in meno di un secondo si gettò a fauci spalancate nel recipiente e ne riemerse stringendo tra i denti il disperato Estevao! Brandelli di vita vissuta, spezzoni di esperienze ittiche, emozioni squamose balenarono in quegli attimi lunghi come ere nella testa dello sfortunato animale. Ma, in un barlume di lucidità, il popolare Gilson risputò l’oviparo branchiato che tornò, terrorizzato, a nuotare vicino alla statuetta del Cristo Redentore, copia del famoso monumento che dal Corcovado abbraccia Rio de Janeiro e che, quel giorno, restituì alla vita il  Beato Estevao, vittima inconsapevole di un precursore degli odierni folli , affamati e Campioni del Mondo per la quinta volta!!

Marco Caccianiga