È ufficialmente cominciata l’era Pozzecco a Varese.
Il tecnico di Gorizia, ufficializzato ieri pomeriggio, si è presentato alla stampa questa mattina. Ed è stato subito uno show degno del suo nome.
“Spero ardentemente di non mettermi a piangere anche se sarà estremamente difficile -“attacca” il Poz-. L’età mi ha portato a commuovermi più facilmente. Vorrei partire dalla fine del campionato scorso. È stato un iter un po’ strano e complesso, perché ho enorme rispetto per Capo d’Orlando, un angolo di paradiso dove ho trovato persone fantastiche, e capisco che ci siano state un po’ di incomprensioni sulla mia partenza. La verità, comunque, è che non sarei mai venuto via da là se non per stare a Varese. È un sogno che si realizza e sono ancora frastornato. Ringrazio Sindoni perché mi ha dato una possibilità che nessuno mi avrebbe dato; quello che abbiamo vissuto in due anni e mezzo è stato davvero indimenticabile. Un’altra parte di ringraziamento è nei confronti dei giocatori, i miei figli, dai quali ho avuto il massimo sostegno nonostante la mia giovane età. Senza dimenticare il resto dello staff. Se sono qui oggi è anche merito loro”.
Varese. I ricordi legati a questa città sono indelebili.
“Abbiamo vinto tutti insieme lo scudetto della Stella -dice evidentemente commosso-, riuscendo in un’impresa epica anche oltre alle mere questioni sportive. Tutto ciò che più desidero è ritrovare quelle emozioni che abbiamo vissuto nel 1999. In questi giorni tante persone hanno parlato di me; l’intervista che più mi ha toccato è quella del Menego. Lavoreremo fianco a fianco, ma per me lui non sarà solo un responsabile del settore giovanile; semmai un amico, oltre che una grande fonte di conoscenza cestistica”.
“Quando abbiamo vinto lo scudetto -prosegue-, si diceva che avevo venduto l’anima al diavolo. Alla fine mi sono convinto di averlo fatto davvero. Per rivincere lo scudetto qua a Varese sono pronto perfino a vendere il “culo”. Per farlo, però, lavorerò senza soste già da oggi pomeriggio, senza concedermi alcun giorno di vacanza. Io, Giofré e Cecco costruiremo la squadra, i cui elementi saranno scelti con il pieno assenso di tutti, perché solo così riuscirò ad amarli come figli. Questo è quello che ho imparato a Capo d’Orlando. Quando Cecco mi ha chiamato, non ho chiesto informazioni sul budget o sullo stipendio; Varese mi ha già arricchito molto in passato, e io devo sdebitarmi”.
Due figli, De Nicolao e Polonara, potrebbero rimanere dalla scorsa stagione.
“Mi sono fatto un’idea. Partiamo dal presupposto che, non avendo un budget illimitato, dovremo essere oculati e riflessivi nelle scelte. Sono due giocatori importanti , ma noi ad oggi siamo ad un punto zero e mi piacerebbe costruire la squadra con totale libertà. Voglio una squadra con un’identità forte, e se loro due risponderanno a queste caratteristiche, allora, sarò ben lieto di accoglierli. In ogni caso si tratta di una situazione che affronteremo quanto prima; sappiamo quanto a Varese il giocatore italiano abbia un valore inestimabile”.
I tuoi idoli?
“Ce ne sono innumerevoli. Da Dodo Rusconi, che aveva la capacità innata di insegnarti la pallacanestro e di migliorare il gioco. Ma quelli a cui mi ispiro di più sono Sacchetti e Recalcati. Quando divenni coach dell’Orlandina, la prima telefonata che feci fu a Sacchetti che cominciò a darmi tanti consigli sul rapporto da avere con i giocatori”
Che pallacanestro dovremo aspettarci?
“Voglio un gruppo unito di giocatori. Questo è un elemento imprescindibile. Questo è un aspetto che può fare la differenza proprio perché nel basket moderno sono altri i valori che entrano in gioco. Per il resto costruiremo una squadra congeniale per giocare a basket; il mio compito sarà individuare i punti di forza dei miei giocatori ed esaltarli al massimo. Dal punto di vista offensivo non ho regole; dal punto di vista difensivo, invece, voglio che vengano rispettate le indicazioni che darò”.
Marco Gandini