“Quando un giocatore sente la responsabilità di quello cui è chiamato a fare, ovvero allenarsi sempre al meglio e dare tutto per i colori che indossa, è già un leader: la fascia, talvolta, è solo un dettaglio”.
A parlare è Davide Piccarreda, difensore classe 1980 e fresco vincitore del campionato di Prima Categoria.
Domenica scorsa la sua Castellanzese, di cui è indiscusso capitano, ha annientato con un perentorio 5 a 0 l’Arsaghese di mister Baratelli, e grazie alla vittoria del Valceresio sulla Besnatese, ha potuto festeggiare il titolo e il passaggio diretto in Promozione.
Eppure non è stato semplice ripensando soprattutto allo scorso anno, quando la beffa fu doppia: campionato perso per un solo punto, e sconfitta nella finale play off per 1 a 0.
Smaltita l’amarezza e la delusione, la società e tutto lo staff si sono rimboccati le maniche, si sono prontamente rialzati ed hanno ripreso a lottare per quel sogno chiamato “Promozione” che da troppo tempo cullavano senza riuscire a trasformare in realtà.
Lo conferma anche Piccarreda, pilastro difensivo protagonista della sventurata scorsa stagione, ma protagonista anche del successo di quest’anno.
Cos’hai provato al triplice fischio domenica scorsa, dopo aver saputo che la Besnatese era stata sconfitta?
“Gioia, prima di tutto, e poi un gran senso di rivalsa. Gioia immensa per aver centrato quell’obiettivo che l’anno scorso ci è sfuggito per un soffio, e rivalsa perché negli ultimi tre anni andava molto di moda dire che a Castellanza non si vince mai”.
Nonostante il campionato non sia ancora finito, tu e i tuoi compagni pensavate davvero potesse essere la giornata giusta per festeggiare il titolo, soprattutto in virtù della beffa dello scorso anno?
“Io personalmente l’avevo immaginata proprio così: ero sicuro di noi e consapevole che la Besnatese incontrasse un ottimo avversario come il Valceresio. La beffa dell’anno scorso ci è servita come lezione ma d’altronde le sconfitte servono proprio a questo.
C’è da dire anche che la rosa di quest’anno, dal punto di vista dell’esperienza, ha guadagnato innesti importanti come Meriggi, Ruggeri, Suman e Saleri, tutti giocatori che recentemente hanno vinto campionati, anche questo ha influito molto”.
Facciamo un passo indietro e ripartiamo dall’inizio: inarrestabili fin da subito, avete vinto quasi tutte le gare fino alla sconfitta interna contro Busto 81. Cosa è successo in quella partita? Vi ha un po’ segnato per alcune sfide successive in cui, soprattutto sul piano del gioco, sembravate non essere brillanti come il girone d’andata?
“Quella col Busto 81 è stata semplicemente una partita persa: eravamo delusi ma consapevoli di aver concluso il girone di andata da primi in classifica.
Il ritorno invece è quasi sempre un altro campionato: le squadre si rinforzano, gli obiettivi per alcune cambiano. Noi in tutto ciò siamo sempre stati la squadra da battere e devo dire che alla lunga abbiamo gestito al meglio le nostre risorse fisiche e soprattutto mentali”.
Eppure la fortuna, soprattutto in un certo periodo dell’anno, sembrava vi avesse nuovamente voltato le spalle, visto che diversi di voi sono stati colpiti da infortuni. Anche tu hai avuto uno strappo al polpaccio, giunto in un momento piuttosto delicato: credi che questa tua assenza, per te che sei un perno fondamentale della retroguardia, possa aver inciso su alcune sconfitte?
“Io sono per il detto “tutti utili e nessuno indispensabile”. So di avere pregi e difetti come ogni giocatore, quindi qualcosa è mancato, ma qualcuno ha saputo dare di più.
Credo che il trucco non sia cercare di sopperire a delle mancanze, ma valorizzare le doti di un giocatore negli equilibri di una squadra. La società, in seguito al mio infortunio, ha preso Lorenzo Re, un giocatore che ha fatto benissimo e che quest’anno ha vinto il quarto campionato consecutivo”.
La sfida cruciale è stata quella con Besnate che vi ha visto vittoriosi, per di più affrontata con il nuovo tecnico in panchina Mister Roncuzzi: come hai vissuto il cambio d’allenatore?
“Prima di tutto va riconosciuto al mister il coraggio di aver accettato un incarico del genere, in un momento molto delicato della stagione, che avrebbe potuto portarlo in paradiso (come è stato) o dritto all’inferno.
Con il coach, sia io che il gruppo, ci siamo trovati subito bene. Penso abbia avuto il merito di aver capito il potenziale di questa squadra senza stravolgere quegli automatismi collaudati.
Ci ha dato fiducia e motivazioni, e lo dimostra proprio il big match contro Besnate: non abbiamo giocato bene come in altre occasioni, ma visto il valore dell’avversario abbiamo affrontato una gara con grande maturità e cinismo”.
Nel complesso possiamo dire che è stata un’annata non semplice, con qualche alto e basso e con diverse squadre agguerrite che vi hanno dato filo da torcere, ma c’è una squadra che hai temuto di più?
“Si, la Castellanzese. A parte gli scherzi, non lo dico per presunzione, ma è la pura verità. C’è stato un ping pong tra Besnatese e Busto 81 ad insidiare la prima posizione, ma noi non ci siamo mai mossi da lì. Abbiamo avuto momenti di difficoltà, ma il gruppo ha saputo sempre compattarsi e la società ha sempre dimostrato la sua vicinanza. Dopo il girone di andata, eravamo consci del fatto che il campionato avremmo potuto perderlo solo noi”.
Da capitano ti sei mai ritrovato a spronare tuoi compagni che hai visto in difficoltà, magari soprattutto dal punto di vista mentale, o che magari hai visto particolarmente battuti dopo certe sfide?
“Io credo che ciascun giocatore abbia una peculiarità che lo caratterizza: se penso a Guariso dico la rapidità, Izzo il tiro, Pires la tecnica o Ricci la forza fisica. La mia penso sia proprio questa, la cosiddetta “voce in campo” con il compito di tenere sempre alto il livello di concentrazione e le motivazioni, soprattutto nei momenti di difficoltà”.
Come hai affrontato il tuo “nuovo ruolo da leader” dopo aver ricevuto la fascia ad inizio anno? Hai avvertito maggiori responsabilità?
“In realtà io ero capitano tre anni fa, poi per via dell’infortunio al tendine non si sapeva né come, né quando sarei rientrato. Tornato a settembre nel gruppo ho notato che Martinelli era già diventato un punto di riferimento nella squadra, per questo gli cedetti la fascia, che poi a settembre 2013 è tornata in mio possesso in virtù del ritiro di Martinelli.
Io credo che quando un giocatore sente la responsabilità di quello cui è stato chiamato a fare, ovvero allenarsi e dare il massimo per i colori di una società, non può che essere un leader o un capitano, ed io mi sento un leader per questo, non per quella fascia che talvolta è solo un dettaglio; le responsabilità le avverti prima di indossarla”.
C’è qualche tuo compagno che ti ha positivamente sorpreso?
“Sì due. Uno è Alessio Nardone, mi ha sorpreso per quanto parla! Al di là delle battute, conosco Alessio da quattro anni e l’ho visto migliorare notevolmente negli ultimi due, e come ho detto anche a lui più volte, mi auguro possa davvero diventare un giocatore “responsabile”.
L’altro è Daniele Piuri, un ragazzo giovane che ho conosciuto quest’anno e che ha fatto un campionato straordinario”.
Mancano ancora due partite alla fine del campionato, ma per l’ultima gara in casa (domenica ore 15.30 contro Brebbia ndr) è prevista una cerimonia: come festeggerete?
E quali sono invece i tuoi personali progetti per il futuro?
“Domenica prossima mi aspetto uno stadio pieno e una gran festa affinché tutti possano davvero gioire con noi.
Per quanto mi riguarda, da due mesi mi sono trasferito piuttosto lontano rispetto a Castellanza, quindi diventa difficile ipotizzare un altro anno in neroverde. Sicuramente continuerò a giocare ma per il momento mi godo la promozione e queste ultime partite”.
Infine c’è qualche ringraziamento particolare che vuoi fare o qualche dedica?
“I ringraziamenti sono sempre molti e doverosi.
Il primo, ed il più grande, va al presidente Affetti e a suo padre. Uomini di una forza straordinaria e di una sportività e lealtà unica, persone che dalle sconfitte hanno saputo far tesoro (cosa non banale in questo ambiente), per arrivare poi alla vittoria.
La Castellanzese è riuscita a migliorare i propri risultati anno dopo anno, e migliorare il risultato dell’anno scorso voleva dire solo vincere, quindi è giusto che si prendano tutto il merito di questo successo.
La prima dedica, invece, è tutta per mio padre, che non si perde una partita dal ’97, e poi a tutte le mogli, mamme e fidanzate, in primis la mia, Giulia: so che ci supportano e sopportano pur non capendo fino in fondo questa nostra grande passione.
Gli altri ringraziamenti vanno ai direttori Asmini e Brazzelli per la competenza e per il loro essere parte integrante del gruppo, allo staff tecnico Roncuzzi, Beccagutti, Palazzolo e Coppini, a tutti i collaboratori che hanno gravitato intorno alla squadra, allo staff di Nero Verde Channel e a tutti quei genitori e tifosi (uno su tutti Alessandro M.), sempre presenti allo stadio.
Questa è la vittoria di tutti, perciò grazie davvero di cuore”.
Se è vero il detto “Chi la dura, la vince”, è vero anche che Davide e compagni lo incarnano alla perfezione: onore a loro che non si sono mai persi d’animo e che hanno lottato fino all’ultimo per riscuotere il credito che avevano con il destino.
Mariella Lamonica