Se per Eugenio Alafaci quello terminato qualche giorno fa è stato il primo Giro d’Italia, non si può dire lo stesso per un altro corridore della nostra provincia, il più esperto Ivan Santaromita. Il trentenne nato a Clivio ha partecipato alla sua terza corsa in rosa della carriera indossando orgogliosamente la maglia tricolore di campione d’Italia. Il suo Giro, però, non è stato proprio come se lo era immaginato alla vigilia.
“Non ho lasciato il segno, sono state settimane anonime per quanto mi riguarda e alla 18^ tappa è arrivato anche il ritiro. Non sono per niente soddisfatto e non vedo l’ora di archiviare questa brutta esperienza”.
Che cosa esattamente non ha funzionato?
“Non sono riuscito a correre come avevo preparato perché tante, troppe cose non sono andate per il verso giusto. In parte sono stato sfortunato, ma quello che mi ha condizionato di più è stato l’aver contratto un virus dal mio compagno di stanza che mi ha impedito di essere al 100% della forma. Sono stato male e stare male in una corsa così faticosa e lunga non ti permette di lottare ad armi pari con gli altri. Ad Oropa ho provato ad attaccare, ma forse ho osato un po’ troppo e da lì in poi mi sono mancate le forze. Quel virus mi ha tagliato le gambe”.
Come è arrivata la decisione di ritirarsi dal Giro?
“Ci ho pensato molto. Non è per niente facile gettare la spugna soprattutto quando, come è capitato a me, si porta la maglia di campione d’Italia e si è capitano della propria squadra. Ma non riuscendo a lasciarmi alle spalle il malessere fisico, ho ritenuto che la miglior scelta fosse quella di abbandonare la corsa, curarmi e rimettermi in salute in vista dei prossimi appuntamenti”.
Tanta delusione per te, dunque. Ma c’è qualcosa di bello che vuoi conservare di questo Giro?
“Sicuramente l’aver sfilato a Belfast alla presentazione del Giro con la maglia tricolore addosso; è stata un’emozione che mi porterò dentro per sempre. Inoltre, va ricordato che, insieme alla mia squadra (Orica-GreenEdge n.d.r.), ho vinto la prima tappa, la crono”.
A tagliare per primo il traguardo quel giorno è stato Svein Tuft. Come è maturata la decisione di lasciare a lui la vittoria?
“È stato un ordine di squadra e l’ho accettato. Bisogna rispettare gli ordini che vengono dall’alto, anche se sarebbe piaciuto a me avere l’onore di indossare la maglia rosa. Ero l’unico italiano, ero campione d’Italia in carica e non nego che non mi sia dispiaciuto un po’”.
Che Giro d’Italia è stato in generale?
“Credo che non sia stato particolarmente entusiasmante. È stato un dominio colombiano anche se sono contento che Fabio Aru sia riuscito a classificarsi terzo; è un buon segno per il ciclismo italiano, un forte segnale di ripresa del nostro movimento”.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
“Da oggi al 15 giugno correrò il Giro del Delfinato in Francia, una corsa di otto tappe con tre arrivi in salita. Al 28 giugno proverò a difendere il titolo di campione d’Italia su un percorso più corto e più tattico rispetto a quello dell’anno scorso. Guardando ancora più avanti, prenderò parte al Giro di Polonia e alla Vuelta di Spagna. Mi sono preso pochi impegni ma intensi”.
Laura Paganini