E come EuroCup: una lunga teoria di sconfitte accompagnata da tante, troppe, sconfitte indecorose. Probabilmente anche un bello spirito come Bruce Chatwin, con la sua proverbiale, algida, flemma britannica si sarebbe retoricamente chiesto: “Che ci faccio qui?”. Quindi, alzi la mano chi, per il ritorno in Europa dopo una decina d’anni, non si attendeva qualcosa di più. Mica tanto, solo qualcosa.

E come ERE, Ebi: classico giocatore di sistema, quando il sistema gira maluccio, soffre, sbuffa, paga con prestazioni sotto lo standard. Per Ebi stagione qualche volta difficile, spesso delicata, sempre tra l’incudine del dover risolvere ed il martello del mettersi al servizio del gruppo. Alla fine una situazione destabilizzante per chiunque. Il capitano, in ogni caso, se la cava, ed il brillante avvio di stagione, con prestazione da “go to guy” (Venezia e Reggio Emilia), sono ancora nei nostri occhi.Ere

F come FERRAIUOLO, Massimo: a questo punto Michele Marocco, nostro grande direttore, mi consentirà una piccola digressione personale. Lui, Ferraiuolo intendo, forse non lo sa, probabilmente non se n’è nemmeno reso conto; ma quando il buon Max, vene del collo gonfie ed evidente caduta di stile (confermata in separata sede anche da altri dirigenti del club) mi ha sparato in faccia: “Sappi, che non siamo per nulla d’accordo con la tua linea editoriale”, mi ha rivolto, ripeto, a sua insaputa, uno dei complimenti più belli di sempre. Tutto ciò perché in un panorama affollato di giornalisti-zerbini e/o pallidi esecutori di idee altrui, poter sbandierare un pizzico di autonomia rappresenta una medaglia al valore conquistata sul campo. Di giornalisti “fedeli alla linea”, fin troppi in Italia, non se ne può più. Poi, a margine, forse non lo si sottolinea mai abbastanza, società e giornalisti fanno (dovrebbero fare) due mestieri diversi. I club hanno una “linea”, i giornalisti un’altra. Incontrarsi è giusto, qualche volta lecito, qualche volta persino utile, apprezzabile, consigliato. Ma, per fortuna, non è ancora obbligatorio
Quindi, rispetto dei ruoli (che nel caso di Max non c’è stato). Detto ciò, al netto, e tutto sommato, sento di dover ringraziare un personaggio che reputo comunque importante per la Pallacanestro Varese: grazie Max.

F come FRATES Fabrizio: lui, come me, ricorderà bene la serata di giovedì 20 febbraio, tre giorni prima della ferale gara interna persa contro Sassari che gli costò la panchina. Un tavolo della Pizzeria “La Motta”, raccolse molti segreti di quest’annata strana, sfortunata, balorda e, spesso, inutilmente cattiva per un tecnico di grande valore, nonché uomo poco incline a fastidiosi compromessi. I segreti, lasciamoli lì, sul tavolo. Ma gli errori commessi, quelli noti non sono pochi, appartengono a tutti. Mica solo a “coach F”.

G come GIOFRÈ, Simone: un altro che, mi aveva promesso, a fine campionato si sarebbe tolto il sassolino dalla scarpa, raccontato qualche verità su una ciambella senza buco. Su una stagione mai lievitata nel modo giusto. A quando, Simone, questa “estrazione”?

1ª parte – L’alfabeto della Cimberio, 1ª parte. Dalla A di Armenise alla D di De Nicolao

Domani la terza parte

Massimo Turconi
(foto di Simone Raso)