“[…]Si provava uno schema, Bob uscì senza troppa convinzione da un blocco verticale, interessava più che altro il timing, si alzò in elevazione per tirare, e io, che ero “passato in mezzo” al blocco saltai insieme a lui, prendendogli come si dice “il tempo”. […] Avevo intercettato il tiro. Anzi lo avevo proprio stoppato. “Oddio ora mi cacciano” pensai. Lesa maestà. Come mi ero permesso? In realtà nessuno ci badò, erano presi da altro. Tranne Bob, che con uno schiaffato sul sedere mi disse sottovoce “Bravo”. Ora, era in allenamento, in una situazione particolare, nemmeno un po’ spettacolare, quasi nessuno se ne accorse. Però, quella stoppata e quel “Bravo”, chi se li dimentica…?”

(Mauro Buzzi Reschini, “Memorie di un tiratore mancino”, Sunrise Media, 2015, p. 148)

Mauro Buzzi Reschini descrive così uno dei momenti più emozionanti della sua carriera trascorsa nelle giovanili della Pallacanestro Varese. Ricordi nitidi raccolti nel volume dal titolo “Memorie di un tiratore mancino” edito da Sunrise Media. Non capitava tutti i giorni, del resto, di stoppare Bob Morse, uno dei giocatori di pallacanestro più forti che abbia messo piede in Italia, a Varese, dove ha trascorso ben nove stagioni vincendo tutto ciò che si poteva vincere.
A distanza di anni da quell’atto di “Lesa Maestà”, Buzzi Reschini e Bob Morse si sono ritrovati proprio nella Città Giardino, all’albergo ristorante “Bologna”. L’occasione è stata utile per la tradizionale fotoricordo con relativo autografo dell’ex ala americana al libro.
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MG