Se da Busto dovete andare a Reggio Emilia, difficilmente passerete da Monza. A meno che non abbiate una bizzarra passione per i percorsi alternativi o il navigatore fuori uso. Oppure (terza e più plausibile ipotesi), nel caso in cui non dobbiate approdare in una nuova società, liberandovi della precedente salvo, nel frattempo, vederla diventare il parco giochi (proibiti) di spregiudicati terzi in comodo. Il triangolo no, non l’avevamo considerato. E, in questo caso, a differenza di quanto cantava Renato Zero, la geometria potrebbe essere reato. Almeno questa è l’ipotesi investigativa su cui poggia gran parte dell’inchiesta “Dirty Soccer” che all’alba (tragica) del 19 maggio ha spedito al fresco o affini una mezza dozzina di personaggi legati direttamente o indirettamente alla Pro Patria. Ad una settimana esatta da quel brusco risveglio, è già tempo di primi (parzialissimi) bilanci.

Partiamo dalle certezze. Alcuni tesserati biancoblu avrebbero messo in saccoccia dei quattrini per taroccare alcune partite. Nello specifico, il club tigrotto avrebbe subito un evidente danno visto l’esito (perdente) di tutte le gare in questione. Peccato che la strategia “a perdere” fosse però frutto di una precisa volontà di gestione della squadra ordita da Mauro Ulizio (ex DG del Monza) e dal suo sodale Massimiliano Carluccio, ministri con portafoglio del fantomatico governo ombra auto insediatosi in Via Cà Bianca in modo occulto (secondo la DDA di Catanzaro) o in modo abusivo (secondo la legittima proprietà di Pietro Vavassori). E qui sta l’inghippo, perchè la differenza non è semantica ma sostanziale. E su questo sottilissimo crinale dovrà muoversi, dopo quella ordinaria, anche la giustizia sportiva.
Esistono prove del patto scellerato sull’asse “Speroni”/Autodromo? Stando alle intercettazioni tutto girerebbe intorno ad un coso. E’ quanto emerge da quello che, ad oggi, resta il colloquio telefonico più intrigante di tutti quelli sbobinati.

23 gennaio: Mauro Ulizio chiama Massimiliano Carluccio:
Ulizio: No, no, gli ho detto: “ti sei bevuto il cervello… tu vai a raccontare cazzate alla Procura?..ma… Ulizio fa il mercato, Ulizio fa quello, Ulizio fa quell’altro… spiegami perché sei andato a fare una cosa del genere?.. a dire…lui, chiaramente l’avvocato non mi ha saputo dare spiegazioni reali, io oggi ho avuto una mezza spiegazione con Vavassori… però cosa ho fatto, l’ho presa come spunto… perchè ho detto…
Carluccio: però non va bene che lui alla Procura ha detto così, comunque…
Ulizio: No, certo… è sbagliato…
Carluccio: Perchè se la procura fa indagini…fa indagini e vede che te…
Ulizio: E’ quello che gli ho detto io
Carluccio: Che te fai… fai mercato, fai questo, fai tutto … ti spaccano il culo a te.
Ulizio: Spaccano il culo a me ed anche a loro… non tanto a me perché… io cazzate non ne ho raccontate! … non mi hanno ancora interrogato… prima o poi mi interrogheranno…
Carluccio: C’hai i 100 mila euro che gli hai dato, abbiamo il coso firmato, va be!..
Ulizio: Bravo, bravo, bravo, bravo… hai le prove?.. gli dirò “certo, guarda c’è l’accordo”.

Della serie: oltre alle parole, conteranno i fatti. O, se preferite, le prove. Non è un caso, infatti, che nè Vavassori, nè l’amministratore unico Fiorenzo Riva risultino al momento indagati. Un aspetto che potrebbe complicare la richiesta di responsabilità diretta in sede di giustizia sportiva. Giustizia che andrà erogata nell’ambito di un processo da celebrarsi presumibilmente nella seconda metà di luglio. Quando il quadro investigativo sarà più chiaro e quando il Procuratore Palazzi avrà la possibilità di ascoltare i testimoni (facoltà negata quando gli stessi sono a disposizione dell’autorità penitenziaria). Insomma, un quadro a tinte (forse) meno cupe di quanto tratteggiato nei giorni scorsi.

La sensazione è che alla fine (al netto del danno di immagine in mondovisione), la Pro Patria possa cavarsela (si fa per dire) scontando sul piano sportivo la responsabilità oggettiva dei suoi tesserati (attuali o ex). Cioè punti (parecchi) da scontarsi nella prossima stagione sportiva. Nella speranza di non doversi attaccare al..coso.

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Giovanni Castiglioni