E adesso? Dopo la tempesta provocata dall’operazione “Dirty Soccer” con l’arresto di Vincenzo Melillo e di altri tre ex tesserati biancoblu (Marco Tosi, Andrea Ulizio e Adolfo Gerolino), la domanda inevitabile è quale destino attenda la Pro Patria. In attesa di altri possibili sviluppi sul fronte dell’inchiesta, resta un punto fermo da cui partire. Quello che a Busto è stato per mesi il sottinteso più praticato della stagione, per la DDA di Catanzaro (e per la Procura omologa che ne ha convalidato le richieste di arresto) è invece una certezza: Mauro Ulizio (con il socio occulto Massimiliano Carluccio) era (fino al 25 gennaio) l’autentico dominus della gestione sportiva tigrotta. Il paradosso (figura retorica largamente praticata allo “Speroni” e dintorni) è che in Lega le cariche societarie facevano (e fanno) invece capo a Fiorenzo Riva (amministratore unico attualmente inibito per il ritardato deposito della fidejussione e rappresentante della proprietà del patron Pietro Vavassori). Tutto questo avrà delle ripercussioni nelle future conseguenze sul piano sportivo? E chi può dirlo? Dipenderà (e l’arcinota inchiesta di Cremona su analoga vicenda dovrebbe averci insegnato qualcosa) dal livello di gravità dei comportamenti che verrà assegnato ai protagonisti in scena.
Entro tempi non necessariamente brevissimi la palla passerà infatti alla Procura Federale che dovrà analizzare le carte e stabilire se esistono gli estremi per penalizzazioni, squalifiche e affini. Posto che le responsabilità personali andranno verificate in sede processuale (e prima ancora all’atto dell’eventuale rinvio a giudizio), in tema strettamente calcistico, il Nuovo Codice di Giustizia Sportiva prevede sanzioni personali e societarie sintetizzabili nelle seguenti tre casistiche:
Responsabilità diretta: retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza.
Responsabilità oggettiva: sanzione graduata (a seconda della gravità dei casi), tra la penalizzazione di uno o più punti in classifica e la retrocessione all’ultimo posto o l’esclusione dal campionato di competenza.
Illecito sportivo: dirigenti, soci di società e tesserati riconosciuti responsabili sono soggetti a sanzioni che possono andare dall’inibizione alla squalifica minima di tre anni.
Stiamo correndo troppo? Forse sì. O forse è solo un modo per esorcizzare la paura di un destino che potrebbe compiersi lontano dai campi di gioco. Nelle aule di un tribunale.
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Giovanni Castiglioni