Intendiamoci. Io non insulto. Non vomito contumelie contro chicchessia. Non ne faccio una questione personale. Io ragiono, rifletto, esamino i dati e mi formo un’opinione. Come dovrebbe essere. Sempre. Ovunque. Tranne che a Varese. A.S.Varese 1910 nasce nel 2004, figlia di un disastro economico e sportivo. Riparte. In ogni senso. Costruzione della Scuola Calcio, mai esistita sino ad allora, per volontà della Famiglia Sogliano, consolidamento del Settore Giovanile, assemblaggio di una prima squadra proiettata al futuro. Bastano pochi anni di purgatorio ed ecco il Varese di nuovo tra i professionisti. Lo Stadio “Franco Ossola” torna ad essere fucina di talenti, tifosi si mischiano a genitori e bambini che zampettano sul sintetico Speroni, calciatori che giocano con i propri figli, un Mister santificato che agisce con un’umiltà mai vista prima. Una vera Famiglia Biancorossa che sfiora persino la promozione in Serie A, sfuggita per gli scherzi del destino, un Carpi alla rovescia. La sede della Società, allora sita in Via Sempione, pareva il Tempio di Athena Nike, vincenti su tutta la linea. E quando vinci sono tutti amici, pacche sulle spalle, sorrisi a trentadue denti. Problemi economici? Neanche a parlarne! Difficoltà finanziarie? Suvvia, siamo il Varese! Creditori da saldare? Ma dai! In hoc signo vinces! Poi accade che arrivi un allenatore, tale Fabrizio Castori, marchigiano, un signore nei modi e nelle parole, che ha il vizio di non vincere, di non saziare i fini palati dei soliti noti in tribuna che lo ricoprono di insulti. La sua colpa? Lesa maestà! Il Varese fuori dalla zona play off?!? Bestemmia! A Varese devi solo vincere. E viene cacciato.
Il resto è storia recente. E’ un passato prossimo costruito sul delirio. Scelte sbagliate, fibrillazione societaria, prima squadra in sofferenza. E succede che, secondo la semplice legge dello sport, nell’anno del Signore 2015, A.S.Varese 1910 retrocede in Legapro. Per chi, come me, considera A.S.Varese 1910 un pezzo unico, non è un dramma particolare. Se la prima squadra non si è espressa a livello delle altre compagini, la logica conseguenza è la retrocessione, compensata dal continuo e costante lavoro prodotto dai tecnici del Settore Giovanile e Scuola Calcio dal lunedi alla domenica, senza soluzione di continuità. Tutto ciò se vivessimo in un mondo perfetto. Ed invece no. Invece tocchiamo con mano le degenerazioni di un pianeta che pensavamo anni luce lontano da noi, assumiamo toni e modi di comportamento propri di chi non ha il pollice opponibile. Dieci anni come Felona e Sorona (per i più giovani, album de Le Orme del 1973, un elogio all’armonia, andatevelo ad ascoltare) ed è sufficiente una stagione sporca per farci precipitare sul Pianeta delle Scimmie. Il delirio si impossessa delle menti più deboli che vivono questa debacle sportiva quasi fosse una malattia incurabile, trasferendo le frustrazioni delle loro scialbe vite in un pallone che rotola. E’ triste pensare che, se gratti il folklore della passione, non rimane altro. Non c’è musica, né arte, né cultura, soprattutto sportiva. Tutto ruota esclusivamente attorno ad una sfera ( un tempo…) di cuoio.
Ed il risultato è una sorta di guerra civile biancorossa. Guelfi Bianchi contro Guelfi Neri, come a Firenze alla fine del XIII secolo, con la differenza che le armi oggi, per fortuna, sono i cosiddetti social. Ma gli insulti sono pesanti ed inaccettabili. Lingue biforcute sedute in tribuna, naturalmente con l’accredito gratuito, sotterrano di parolacce un uomo per bene come Stefano Bettinelli, Mister, amico, biancorosso vero. Pagliacci travestiti da filosofi pontificano di football e vita, propongono soluzioni, si immolano sull’altare del fallimento societario come unica risorsa. Ciurma rigorosamente anonima intasa i siti con devianze mentali senza precedenti. Nessuno si salva. Tutti colpevoli. Un tubo! Non si butta mai via il bambino con l’acqua sporca! E’ indegno cucinare un minestrone di schifezze facendolo assaggiare a tutti. Questi rivoli di cattiveria hanno danneggiato soprattutto la base dell’iceberg biancorosso, hanno dato fiato a purulenti personaggi che hanno tentato di approfittare della divisione interna per distruggere ciò che in dieci anni è stato creato, un Settore Giovanile di tutto rispetto, canzonato e sbeffeggiato quasi fosse orfano non si sa bene di chi, con allenatori da anni nell’orbita biancorossa e da questa stagione sotto la guida esperta di Mario Belluzzo, Paolo Masini , Stefano Milanta, organizzati dalla splendida segreteria di Gianluca Vapi e Nicola Piatti.
Uomini che lavorano sul campo dal lunedi alla domenica, tra tecnica e soluzione di problemi strutturali, tattica e gestione del convitto che ospita una quindicina di ragazzi, in carico e sotto la nostra responsabilità, seguiti come fossero i loro genitori da Massimo e Veronica. Per tutti loro A.S.Varese 1910 deve proseguire. Per i loro sforzi, più potenti degli insulti di fannulloni in pensionamento precoce, soprattutto mentale. Per la fatica di una stagione molto pesante, brillantemente portata a termine nonostante gli atteggiamenti di alcune società totalmente minori, nel cuore e nell’anima. Si aspettavano ringraziamenti, si sono sentiti chiamare “zavorre”. Questi amici non meritano il fiele della cattiveria di mezzi uomini. E’ tempo che si tolgano dai piedi. Hanno fatto la loro scelta. Sono aggettivi, esattamente come coloro ai quali sono ora devoti. I finti tifosi da tribuna stiano pure a casa, vadano a vedere i cantieri con le mani dietro la schiena, portino il cagnolino a fare la pipì, basta che si levino di torno. Abbiamo le poltroncine da riempire di mamme e bambini, loro sì meritevoli di un altro Calcio. Noi siamo A.S.Varese 1910.
Marco Caccianiga