Com’era la storia dell’arbitraggio avverso e dell’ambiente ostile? La fenomenologia del post partita tigrotto comincia (ahinoi) a ricordare l’ossessiva ripetitività del “Giorno della marmotta”.
Seppur con ragioni non sempre velleitarie. “Partiamo dall’episodio del fallo su Serafini”, attacca subito Montanari, “la partita lì poteva cambiare. Era calcio di rigore ed espulsione”. In effetti il caso da moviola è sembrato piuttosto chiaro. Così come una gara ancora di livello (eufemismo) non propriamente eccelso. Il tecnico elbano ha il buon senso di non nascondersi dietro al proverbiale dito: “Il Como ha più qualità e lo dice la classifica. Essere ultimi è una zavorra che questi ragazzi fanno fatica a sopportare. Sbagliamo anche le cose più elementari”. Con questi presupposti giocarsi la stagione con il Pordenone (per di più senza Taino e Guglielmotti squalificati) è un’impresa da far tremare i polsi: “Non so come, ma dovremo trovare un modo per uscire da questa situazione. Tutti insieme”. La faccia dice più delle parole e così, a naso, la sensazione è che mercoledì servirà davvero la magata per rimanere in corsa. A proposito, e il cambio Arati per Taino sulla fascia? “Marco aveva un problema e non avevo alternative in panchina”. Ehm, convinti? Pochino, anche perchè (forse) si poteva scalare un centrale anticipando l’ingresso di Zaro. Ma è solo un’opinione.
E allora passiamo al bozzo sullo zigomo di Serafini, colpito nel fisico ma anche nel morale: “Non porterò più mio figlio allo stadio. Dopo sei anni alla Pro Patria essere insultato così proprio non mi va”. Gli strali del capitano si abbattono sul fischietto De Martino (“mi ha detto che Crispino aveva provato a colpire il pallone con la testa”) e sulle facce scure in sala stampa (“vedo gente rassegnata: è chiaro che tutti ci date già per retrocessi”). Senza scomodare le polverose teorie lombrosiane, quello che è mancato ancora una volta è il canino avvelenato: “Dite che non diamo tutto? Non è vero. Anch’io dopo la botta ho visto tutto blu per parecchi minuti. Un altro magari sarebbe uscito”. Così come, magari, sarebbe anche il caso di spendere due parole sull’imbarazzante situazione societaria con Filippi, presidente (?) ancora assente a dispetto della passione sbandierata qualche settimana fa. Ma questa è tutta un’altra storia. O forse no. Per finire, se c’è uno che arriva allo “Speroni” teso e se ne va sempre sorridente, questo è Carlo Sabatini che dal Padova al Como da queste parti fa sempre il pieno: “Non sono soddisfatto della prestazione ma del risultato. Il nostro obiettivo è crescere e lo stiamo facendo”.                
C’è chi pensa a crescere e chi è costretto a salvare la pellaccia. E’ la dura legge del gol. Soprattutto se stai dalla parte sbagliata.

Giovanni Castiglioni

LA PARTITA – LE PAGELLE