Dopo la notizia di giovedì scorso che parlava di un gruppo di investitori interessati alle quote della Pallacanestro Varese, alla quale Castelli aveva risposto, tramite una lettera indirizzata ai consorziati, di essere ancora in attesa di un’offerta ufficiale, i potenziali acquirenti sono usciti allo scoperto. A metterci la faccia è Gianfranco Ponti (foto in basso a destra), manager 55enne che opera nel settore finanziario, figlio di Vittorio (DG della Ignis, braccio destro di Giovanni Borghi), che tramite una lettera aperta indirizzata al sindaco Attilio Fontana e ai due quotidiani locali ha esposto le linee di quello che lui, rappresentante di «alcuni appassionati varesini che condividono con me un nuovo progetto per ridare alla Pallacanestro Varese (“PV”) il ruolo che le spetta di diritto», definisce “Progetto Varese”.Gianfranco Ponti
Un disegno senza ombra di dubbio ambizioso ma che lascia spazio a diverse questioni. Perché diffondere il progetto tramite organi di stampa con il fine «di rappresentare le nostre idee alla cittadinanza varesina ed in generale agli appassionati di basket, affinché essi possano giudicare» invece di parlare con i diretti interessati? Ora che tutti sanno gli obiettivi di “Progetto Varese”, qualora le due parti non dovessero trovare un accordo, l’opinione pubblica sarà portata a colpevolizzare i Consorziati che, usando parole di Ponti, «avrebbero allora l’obbligo morale verso gli appassionati di basket varesini e la cittadinanza tutta di assicurare direttamente alla PV tali risorse addizionali». Come se, fino ad oggi, “Varese nel Cuore” non sia mai riuscito ad assicurare alla Pallacanestro Varese un futuro stabile seppur con il poco budget a disposizione.
Se è vero che Ponti e i suoi soci, radunati in una nuova società chiamata SHP, affiancherebbero e collaborerebbero con il Consorzio, invitato a «mantenere un ruolo rilevante» all’interno del “Progetto Varese”, perché usare toni critici e forti atti a mettere in cattiva luce Castelli e soci? Basti leggere i passaggi riguardanti l’allontanamento di Vescovi, ma anche frasi come «competenze manageriali e sportive internazionali e di alto livello che oggi non sembrano sufficientemente presenti» o «La peggior cosa che potrebbe accadere al basket varesino è un arrocco e un piccolo cabotaggio che umilierebbe Pallacanestro Varese e la nostra città». Che tra gli investitori soci di Ponti ci sia qualche ex consorziato con il dente avvelenato per un progetto che non gli appartiene più?
L’ultimo fondamentale punto riguarda la questione economica; la lettera recita così: «proponiamo sin d’ora di aumentare il capitale sociale a 1.000.000 di euro (vale a dire più di 8 volte il capitale nominale attuale), ove SPH sottoscriverà azioni per 500.000 euro ed il Consorzio per l’ammontare rimanente». Ma chi e come si occuperà di “mettere i soldi” nelle stagioni seguenti per garantire le gestioni ordinarie?
Ad ogni modo ora la palla è passata nelle mani di Alberto Castelli che si consulterà con i consorziati e deciderà sul da farsi. A Ponti, invece, indirizziamo i nostri quesiti, confidando nelle bontà del progetto che, se si concretizzerà, non potrà che essere positivo per la Pallacanestro Varese.

Marco Gandini