belloliFelice Belloli (in foto a destra) è ormai l’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti. La frase “basta, non pensiamo sempre a dare soldi a queste quattro lesbiche” da lui pronunciata pochi giorni fa gli è costata la sfiducia unanime del consiglio, oltre che un fiume di indignazione da parte delle calciatrici e non solo. Belloli si era difeso giurando di non aver mai proferito quelle parole, confermate invece da numerosi testimoni presenti alla riunione dell’ormai famoso 5 marzo scorso, ha tentato di salvarsi in corner rimettendo il mandato (non si è ancora dimesso, però), ma ci ha pensato il suo stesso consiglio a metterlo da parte.
Il calcio femminile non ha mai goduto dei favori di Belloli, così come di quelli di Tavecchio, suo predecessore, che in passato aveva già detto che le donne che giocano sono “handicappate rispetto al maschio”, anche se “abbiamo riscontrato che sono molto simili”.

C’è dunque un problema di fondo: il calcio femminile in Italia non solo non è ritenuto alla stregua di quello maschile secondo  la mentalità comune, ma non è preso in considerazione nemmeno da quelle persone che dovrebbero tutelarne l’esistenza e cercare di svilupparlo e diffonderlo. Non è un caso che nel nostro Paese il calcio femminile sia dipendente dalla Lega Nazionale Dilettanti e non dalla FIGC e non è neanche un caso che solo la Torres femminile sia stata unificata alla società maschile che milita in Lega Pro mentre tutti gli altri club, compresi Juventus, Milan e Inter, non abbiano un settore femminile altrettanto conosciuto, seguito e anche pubblicizzato.

Calcio femminile manifestazioneDopo le parole allucinanti di Belloli, il movimento del calcio femminile si è indignato all’unisono e si è mosso promuovendo una serie di manifestazioni tra cui quella che si svolgerà sabato 30 maggio alle ore 11 in diverse città italiane: le calciatrici e non solo scenderanno in piazza a Roma, Napoli, Firenze, Trani, Torino, Palermo, Milano, Padova, Udine, Cagliari, Bologna, Pescara e Bolzano per far sentire la propria voce e perché finalmente si possano ottenere gli stessi riconoscimenti dati al calcio professionistico maschile italiano e dare inizio a quel percorso che possa portare anche il calcio femminile nostrano agli attuali standard di altri Stati.

Bergamaschi ValentinaNon per nulla, alcune delle più brave calciatrici azzurre hanno come sogno quello di giocare all’estero. È questo l’esempio di Valentina Bergamaschi che con l’Under 17 ha conquistato l’anno scorso un bronzo mondiale in Porto Rico e che ora è stabilmente nel giro della nazionale Under 19: “Penso che le parole uscite dalla bocca di Belloli si debbano fermare qui, perché tutto questo ‘casino’ che si sta creando sta solo facendo arretrare il calcio femminile italiano. Ora si deve pensare a rivoluzionarlo con i mezzi che ha la federazione – spiega con fermezza la talentuosa azzurra attualmente in forza al Lugano e che ha tirato i primi calci nel Caravate -. La mentalità fuori dall’Italia è totalmente differente perché il calcio di entrambi i sessi è praticamente quasi alla pari ed è proprio per questo che voglio fare sì del calcio la mia professione, ma all’estero”.

Oltre a Bergamaschi, anche altre calciatrici hanno lasciato l’Italia o sono intenzionate a farlo; è il caso di Sara Gama, 26enne terzino sinistro nel Paris Saint Germain, che con quella maglia ha giocato pochi giorni fa una finale di Champions League alla presenza della cancelliera Merkel (si giocava a Berlino), del presidente della Uefa Michel Platini, del sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, e di un folto gruppo di ultras arrivati in Germania da Parigi per sostenere la propria squadra del cuore.
Brescia vince coppa italia femminileTutto ciò mentre sabato in Italia si è disputata la finale di Coppa Italia tra Brescia e Tavagnacco (vittoria per 4-0 del Brescia, in foto a lato la festa – da Acf Brescia Calcio Femminilein condizioni inadeguate per l’importanza dell’evento: campo da gioco con erba alta e linee perimetrali tracciate a partita in corso, ritardo nei servizi, tavolo della premiazione preso al bar, mancata esecuzione dell’inno nazionale come da prassi. Motivi per cui Gama e altre ragazze sono emigrate o sono pronte a farlo ponendosi come obiettivo quello di continuare a giocare a pallone ad alti livelli ed essere considerate professioniste senza nessun tipo di discriminazione, economica e non.

Perché un altro punto che traspare dalle parole di Belloli è proprio l’ottusità e il pregiudizio che fa ritenere che il calcio sia uno sport per soli uomini, per “veri uomini”, e che possa rendere meno femminili le donne. E da qui il termine “lesbiche”, usato oggi, nel 2015, ancora con una valenza chiaramente dispregiativa. Lesbica, però, non è un’offesa, è un modo d’essere estremamente personale che non può e non deve essere deriso, disprezzato, discriminato e considerato meno dell’eterosessualità.
Ma purtroppo la frase di Belloli riporta alla luce il retaggio di una mentalità ancora ben radicata in Italia e su cui si deve lavorare tanto. Non basta infatti il tentativo di dietrofront di Belloli al Corriere della Sera (“uno dei miei amici da oltre 30 anni è omosessuale”): il rispetto e l’uguaglianza per ogni tipo di persona, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale, passa anche attraverso il superamento di pensieri come quello espresso dall’ormai ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti.
Un passo alla volta, ma le cose possono davvero cambiare.

Laura Paganini