papini d'anielloDopo la lettera scritta a cuore aperto dal nostro direttore Michele Marocco, addetto stampa del Varese, e le esternazioni dell’eterno Marco Caccianiga, “presidente” di Settore Giovanile e Scuola Calcio, abbiamo deciso di intraprendere un viaggio nel mondo del Varese 1910 per conoscere meglio le persone che lo compongono, quali sono le loro idee, il loro lavoro e soprattutto come stanno vivendo, da dentro, la complicata situazione della squadra, vicina alla retrocessione, e della società che rischia di fallire. Da chi cominciare questo tour se non da Silvio Papini? Biancorosso da una vita, team manager da 10 anni e da pochi mesi arrivato a ricoprire il ruolo di vicepresidente. Nato il 30 marzo del 1965 ha vestito la maglia del Varese delle giovanili per quasi dieci anni dal ’65 al 77′ è stato girato in prestito ad alcune realtà del territorio e infine venduto al Lugano. E’ venuto a trovarci in redazione per una lunga chiacchierata.
papini zecchinPartiamo da una domanda facile. Cosa rappresenta per te il Varese?
“La risposta invece è decisamente difficile perché non trovo le parole per descrivere cosa sia per me il Varese. Direi semplicemtente che è la mia vita. Fra giocatore e dirigente ho trascorso 22 anni con questi colori e sono sempre stato tifoso. Indossavo già la maglia quando tanti addetti ai lavori non erano ancora neanche nati. Spero di arrivare alle nozze d’argento. Il Varese per me è l’entusiasmo del mio nipotino Stefano di 4 anni che fa parte del Progetto Bimbo e sorride con gli occhi tutte le volte che si allena con i suoi compagni. Vivo tutta la sua gioia con la maglia del Varese ed è un valore che va preservato. Ecco spiegato cosa rappresenta per me questa squadra”.
Qual è il tuo ruolo fattivo all’interno della società?
“Faccio di tutto e i miei compiti non sono mai cambiati, così come lo stipendio, (sorride ndr) nonostante ora abbia un titolo importante. Qualcuno mi ha fermato per strada dicendomi: “Chissà quanti soldi in più prendi adesso che sei vicepresidente”, ma colgo l’occasione per spiegare che non è assolutamente così. Ricopro questo ruolo per dare l’esempio e magari coinvolgere qualcuno del territorio non per una soddisfazione mia personale, né tantomeno per una gratificazione economica. Ho solo deciso di espormi ancora di più per dare il 100% al Varese. Aiuto la squadra in tutto ciò che serve: dal portare i palloni al campo, da recuperare i giocatori dall’areoporto o accompagnarli a fare le visite. Insomma sono sempre a disposizione di tutti e mi piace essere d’aiuto. Se c’è bisogno sono sempre pronto a correre e felice di papini spalti innevatifarlo. Quest’anno non ho spalato gli spalti dello stadio solo perché non ha nevicato”.
Tre le persone da te coinvolte c’è Cassarà, diventato nuovo presidente…
“Io l’ho solo messo in contatto con i vertici. Servivano i soldi per evitare altri due punti di penalizzazione, la scadenza era alle 19 e al mattino non sapevamo ancora come risolvere la situazione. Tanti tifosi non hanno apprezzato alcune delle sue uscite e la sua personalità. Io dico che non facendoci prendere un’ulteriore penalizzazione ci ha dato una possibilità in più. Poi dal punto di vista dei risultati è andata come andata, ma almeno non possiamo dire di non averci provato. Se non avessimo trovato nessuno saremmo stati massacrati dalle critiche. Purtroppo in questo clima di negatività come ti muovi sbagli; noi ci abbiamo provato e lo stiamo ancora facendo”.
Cosa dici alla gente e al territorio per convincerli a credere nel progetto Varese?
“Il territorio non va convinto. Le persone conoscono il valore di questa realtà. E’ una piazza importante, ha una Scuola Calcio e un Settore Giovanile di oltre 400 bambini e ragazzi. E’ un patrimonio da non perdere in cui si può anche investire concretizzando il sogno stadio”.
Ci sono novità riguardo potenziali investitori?
“Stiamo lavorando sodo, il nostro dg D’Aniello arriva in ufficio alle 9 della mattina ed esce alle 9 di sera. Gli dico sempre scherzando che è uno dei pochi terroni che lavora. Si sta dando da fare e dà il buon esempio portando positività in sede. Speriamo ci possano essere anche buone notizie”.
Quanto è alto il rischio che la società sparisca?
“Oramai ci sono buone probabilità di retrocedere, ma ciò non vuol dire fallire. Spero si riesca a ripartire dalla Lega Pro trovando nuovi investitori e spalmando ulteriormente i debiti. E’ anche nell’interesse dei creditori che la società non fallisca. Nella storia del Varese ci sono stati anche momenti bui come l’autoretrocessione nel ’93 e il fallimento del 2003, ma si è sempre ripartiti. Riguardo al campo ci crederemo fino alla fine onorando sempre la maglia”.
papini netoL’assenza di Neto in questo girone d’andata è stata fondamentale, giocatore che hai portato tu a Varese…
“Non esageriamo, non voglio prendermi meriti che non ho. Lo andai a vedere dopo che lo visionò Sean e poi arrivò qui. E’ il giocatore che mi rimarrà sempre nel cuore insieme ai ‘vecchi’ Corti e Zecchin e a tanti altri che sono passati. Purtroppo quest’anno molte cose non hanno funzionato; ha girato tutto male”.
Se Neto è stato l’acquisto top, qual è stato invece l’acquisto flop?
“Non saprei proprio. Forse direi Douglas, stagione 2007-2008, attaccante brasiliano che aveva fatto molto bene nel suo paese ma poi qui combinò poco”.
Il calcio nel nostro territorio è in evidente difficoltà. Anche la Pro Patria naviga in cattive acque, il Legnano e la Solbiatese, un tempo realtà professioniste, mancano dal calcio vero da un pezzo: c’è una disaffezione generale? 
“Il calcio è sempre il calcio e quando si è innamorati di questo sport lo si resta sempre. Forse proprio il fatto di avere tante squadre importanti nel giro di pochi chilometri disperde le risorse. Varese, Pro Patria, ma lo stesso Legnano anche se ora è in Eccellenza o la Solbiatese, che era in C, e la Caronnese in D. Abbiamo tante squadre che necessitano di investimenti in un periodo di crisi. Per questo non è facile sopravvivere, ma noi non spariremo”.

 Elisa Cascioli