Oggi il Varese compie 106. La società ha voluto celebrare il compleanno, ecco la storia del club attraverso qualche presidente che ha segnato le ere biancorosse:

GUIDO BORGHI  – Se a Varese dici Borghi, dici storia. In principio fu Giovanni, mister Ignis: l’imprenditore-presidente che fece grandi i biancorossi. Poi, nel 1969 fu la volta del figlio Guido, appena ventitreenne. «Ho cominciato presto – ci dice Borghi -, pensate che a vent’anni ero già capo del settore giovanile, e poi subito presidente. Meglio di così, come poteva andare?». Sotto la sua presidenza il Varese è stato solo in A e in B, regalando ai tifosi anni da sogno e mietendo anche vittime illustri: «Il mio ricordo più bello è legato a quando abbiamo battuto il Milan a San Siro nel 1971, e non era certo il Milan di oggi… Purtroppo ne è passata di acqua sotto i ponti: è stata una presidenza che ho cercato di gestire con onore: ci sono state glorie e successi, ma anche sconfitte e dolori». Borghi ha dato veramente tutto per Varese e per il Varese, ricevendo tanto. In particolare, da uomini che hanno significato molto per la sua storia: «I miei anni al Varese sono legati a personaggi ben precisi. Ad esempio Arcari, Liedholm e Maroso. O Picchi: la prima esperienza che ha fatto come allenatore è stata qui. Abbiamo avuto anche Trapattoni: direi che il Varese ha fatto il suo dovere nel proporre talenti…».

CLAUDIO MILANESE – Per l’ex presidente Claudio Milanese, attualmente vicino alla società come sponsor di Econord, «il Varese è una malattia che non va più via». Sono queste le sue parole quando si tratta di spiegare il significato dei colori biancorossi. Milanese è approdato in società nella stagione 88-89, la squadra era nel campionato di C2, come presidente facendo parte della cordata con Luigi Orrigoni e il gruppo Sì viaggio. Negli anni successivi le redini della presidenza furono nelle mani di Orrigoni e Nidoli, poi la massima carica tornò di nuovo a Milanese nel ’94-’95. L’imprenditore rimase in biancorosso sino all’arrivo della famiglia Turri nella stagione 2000-2001. «Varese è nel mio cuore – ricorda -. E per questi colori ci sarà sempre, ogni volta ce ne sarà bisogno. Il calcio in città ha vissuto tante vicessitudini, tantissime storie belle, ma anche momenti grigi. Il mio amore per questi colori non passerà mai. La squadra si deve tifare sempre, a prescindere da dove si giochi. La nuova società ha portato entusiasmo e non ha mai dubitato nello stargli vicino. L’Eccellenza non ha niente a che vedere con i biancorossi che meritano ben altri palcoscenici e sono sicuro se li andranno a riprendere in fretta».

PEO MAROSO Giocatore, allenatore e anche presidente. Il Varese per lui fu tutto e la piazza biancorossa mai lo dimenticherà. Non a caso la Curva Nord dello stadio “Franco Ossola” porta il suo nome. Nato a Torino nel 1934, Pietro Maroso detto Peo, fratello di Virgilio Maroso, terzino nel Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, arrivò al Varese nel 1965 e ci rimane per sei stagioni (4 in Serie A e 2 in Serie B). In quegli anni ottenne due promozioni in massima serie (annate 1963-1964 e 1966-1967).
Iniziò ad allenare a Varese, due anni dopo il ritiro dal calcio giocato, aggiudicandosi il campionato di Serie B 1973-1974 e guidando i biancorossi nell’ultima stagione finora disputata in massima serie (stagione 1974-1975). Rimase in biancorosso fino al 1978. Dal 2004 fu presidente sino all’arrivo di Rosati del 2008. Da quell’anno la sua carica si trasformò in presidente onorario. Si è spento a Varese nel 2012 all’età di 78 anni lasciando un ricordo indelebile.

antonio rosatiANTONIO ROSATI – Sotto la sua presidenza il Varese ha regalato le più grandi gioie ai tifosi nel recente passato. In tre stagioni ha portato i biancorossi dalla C2, nella stagione 2008-09, alla serie B sfiorando per ben due volte la serie A. Storica è rimasta la finale persa con la Sampdoria nel 2012-13. «Ho sempre detto, e lo ribadisco ancora oggi, che il Varese mi ha regalato tantissime gioie ma anche dolori. Dopo la nascita dei miei due figli le emozioni più grandi le ho vissute seguendo la squadra, oggi potrei dirti anche altro, ma preferisco ricordare solo gli episodi positivi. Tre promozioni in fila, gioie immense, due sconfitte ai playoff che ancora oggi mi pesano come macigni sullo stomaco». Segui ancora la squadra? «Assolutamente si, ho sempre seguito e sono ancora oggi rammaricato per come sono andate le cose nello scorso luglio. Il tempo farà scoprire le vere verità e tante cose si capiranno. Ma quello è passato, oggi c’è una società importante che sta lavorando molto bene e che ha tirato fuori la passione e l’amore per la squadra quando tutto sembrava ormai perso. La D è in tasca e, con una buona programmazione che sono certo sapranno fare, Varese potrà tornare in alto».

ciavarrella comiGABRIELE CIAVARRELLA – In prima fila nella cordata che questa estate ha fondato una società tutta nuova, che guarda al passato, ma è proiettata verso il futuro. Il suo marchio Life è lo sponsor principale del club. «Sono orgoglioso di poter essere la 106 esima candelina. Far parte di una storia così importante è un onore – le sue parole –. Il Varese è diventato una parte importante della mia vita risvegliando la mia fede sportiva. Gli anni più belli per me sono stati quelli di successo in Serie B. Purtroppo si è dovuto ripartire e abbiamo voluto farlo alla grande. Il mio Varese è una famiglia, un tutt’uno coi tifosi. E al primo posto mettiamo la funzione sociale. Aiutiamo chi ha bisogno, abbiamo ideato raccolte fondi. Chi è con noi può contare sul nostro aiuto concreto».

A cura di
Elisa Cascioli,
Michele Marocco
e Luca Mastrorilli

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