Tattica o libertà? Il quesito è vecchio quanto il calcio. La risposta (probabilmente) non ce l’ha nessuno. Forse perché una risposta (chiara, univoca, lampante) non esiste. La sconfitta di Cittadella ha però riportato l’interrogativo alla stringente attualità. E non certo per ragioni ideologiche. In brutale sintesi. Primo tempo biancoblu farcito di errori e di cambi di modulo con inevitabile imbarazzo nel capire se gli uni fossero degli altri la causa o l’effetto. Ripresa (anche se sarebbe meglio dire ultimo quarto d’ora) a schema libero con 4-4-2 di partenza e 4-2…fate voi di arrivo. Della serie, tana liberi tutti, andiamocela a giocare senza tante menate. Non è bastato. Purtroppo. Ma l’autostima, per quello che può valere, ne ha tratto giovamento. E la strizza rifilata alla capolista (o il cagotto, copyright Edo Gorini) rimane una gratificazione solo in parte platonica.
Messa così, senza note a margine, la questione avrebbe tutta l’aria di un attacco al mister. Ma non è così. Tutt’altro. Il lavoro fatto da Pala in questi mesi è stato, infatti, clamoroso. Per organizzazione, spirito, identità. Tre cose che prima non c’erano. E adesso ci sono. Non certo per caso. Però tutto questo ora (per salvarsi), non può più bastare. Serve una fuga in avanti, al limite dell’azzardo. Che significa (banalmente) aumentare la potenza di fuoco là davanti. Per quanto ovviamente disponibile nella carente rosa tigrotta. Anche a costo di qualche rischio che (la storia insegna), tanto si corre comunque. Tanto più che adesso la Pro Patria può contare su Mario Alberto Santana. Uno che al “Tombolato” ha tradotto in forma plastica il significato che la Treccani attribuisce al termine campione: atleta eccellente e di grande fama che difende con energia una nobile causa. Nello specifico, quella della salvezza. Magari ricorrendo anche alla carta della strigliata verbale nell’intervallo quando (riferisce Pala) avrebbe caricato i compagni con argomenti del tipo: “A me non piace perdere. E a voi?”. Metodi ruvidi. Senza che nessuno si offenda.
Non solo. Marito (tanto per non farla lunga), in campo ha un ruolo chiaro, tagliato su misura per lui: fare quello che gli pare (in senso tecnico, s’intende). A dimostrazione che quando ci sono qualità e motivazioni, il resto conta sì, ma fino a un certo punto.  Come dire che dopo la salita in corda doppia, serve l’arrampicata libera. Niente chiodi o ramponi. Solo mani nude. Diversamente, la parete salvezza, non può essere scalata.

Giovanni Castiglioni