Per chi va a caccia di storie, la Lorilandia di una decina di anni fa è una miniera come poche. Ascesa fulminante e caduta fragorosa di un miracolo della provincia calcistica italiana. Tutto in poco più di un lustro. Dalla promozione in C1 del 2004, al fallimento e ripartenza dal dilettantismo di 6 anni dopo. In mezzo, una finale playoff per la Serie A persa contro il Torino (e contro l’arbitro Farina), 5 stagioni consecutive nella serie cadetta e un’ebbrezza collettiva che al Mantova (e a Mantova) non provavano da quasi mezzo secolo. E cioè dalla Serie A degli anni ’60. O, prima ancora, dal Piccolo Brasile del Mondo Fabbri del decennio precedente.

Un parco giochi virtuale ribattezzato (appunto) Lorilandia, in ossequio alla Mantua Felix di Fabrizio Lori, brillante imprenditore erede di una dinastia familiare nel ramo plastica e figura iconica di quell’epoca di eccessi destinata poi a finire nella polvere. Già, perché dopo le luci della ribalta, gli atterraggi in elicottero dietro Curva Te e il glamour di una gestione sui generis, giunse il tempo del tintinnar di manette, dell’accusa di bancarotta fraudolenta, del fallimento dell’azienda di famiglia e di quello del club virgiliano, del coinvolgimento della squadra in uno dei tanti “scandali scommesse”. Risultato? 55 giorni a San Vittore in una cella condivisa con 5 cileni. “Uno strazio di cui porto ancora cicatrici profonde dentro di me”, ebbe modo di confessare in un’intervista a l’Avvenire. Oggi, l’ex presidente capellone (o “l’uomo dei sogni”, come era stato etichettato sul Mincio), gestisce un’attività commerciale (la boutique “L’Originale”) dall’insegna autobiografica e dalle fortune alterne. Un segno dei tempi ma anche un beffardo contrappasso.

Perché riparlarne proprio ora? Perché proprio ora, o meglio, dal 20 febbraio, Fabrizio Lori è tornato nell’organigramma biancobandato in qualità di consigliere personale del presidente Sandro Musso. Un ruolo sfumato. Quasi simbolico. Ma dal profondo valore affettivo. In attesa di tempi migliori. E del 2017, quando scadrà l’inibizione. Un po’ come se alla Pro Patria chiedessero qualche dritta a Giuseppe Zoppo. Sparata grossa? Magari sì. E magari no. Ma era solo per rendere l’idea.

La stagione sportiva in corso è stata in linea con le montagne russe di cui sopra. Via un croato (Juric, andato a scrivere la storia a Crotone), e dentro un altro (Javorcic), che convince il giusto e a metà marzo è costretto a fare le valigie sostituito da Luca Prina. L’ex Entella comincia malissimo (3 sconfitte), ma poi inverte la rotta con 7 punti e porta immacolata con Pavia, Alessandria e Pro Piacenza. La classifica recita comunque terzultima posizione mentre l’oroscopo dice che la salvezza passerà dai playout (a naso contro Cuneo o Pro Piacenza). Chi gioca sabato (ore 14.30, stadio “Speroni”)? Probabile 5-3-2 con Bonato tra i pali; Lo Bue, Scalise (per l’infortunato Trainotti), Carini, Scrosta e Sereni in difesa; Gonzi, Perpetuini e Raggio Garibaldi a centrocampo; Marchi e Samb in attacco. Previsione (come sempre), da maneggiare con cura.

All’andata al “Martelli” (era il 19 dicembre) finì 1-1 con vantaggio di Capua, pareggio in Zona Cesarini di Momentè e naso di La Gorga in frantumi causa robusta carica dello stesso Momentè. Nella storia delle due società, gli incroci in campionato sono complessivamente 37. Con leggera supremazia virgiliana: 14 successi a fronte di 12 vittorie biancoblu e 11 pareggi. Il Mantova però, non vince allo “Speroni” da 16 anni esatti: 0-2 il 30 aprile 2000 con reti di Giovanni Bonavita e Gabriele Graziani (che sabato sarà in panca al posto dello squalificato Prina). Da allora, 5 viaggi a Busto e solo 2 pareggi. Qualcosa ci dice che il digiuno potrebbe terminare.

Giovanni Castiglioni