Il Poz è sempre il Poz. Lui si definisce come “senza falsa modestia, il più famoso cestista italiano degli ultimi 20 anni, tolti gli NBA”, e ha pienamente ragione. E il bello è che ha raggiunto questo status anche perché per anni ha dominato in lungo e in largo con la nostra Varese. Ora Gianmarco Pozzecco è il viceallenatore del Cedevita, squadra croata guidata da Veljko Mrsic, altra colonna della Varese scudettata. È la storia di un amore che non è finito con le dimissioni dello scorso anno, ma che continuerà – chi lo sa? – forse con un nuovo capitolo. Perchè il Poz è sempre il Poz, soprattutto qui a Varese.

Adesso è in Croazia. Possiamo parlare di un Pozzecco felice?
“Ti dico la verità: sto molto bene. Per molte ragioni, ad esempio la motivazione per cui sono venuto qui: Mrsic. Parto dal presupposto che una delle cose che conta di più – e la cosa più bella che mi è rimasta – è il legame con tutti quelli con cui ho giocato. È gratificante essere qui a dare una mano ad un compagno di squadra e ad un amico. Ed è innegabile che io sia qua anche per una componente legata all’amicizia. Anche perché un viceallenatore deve fidarsi, avere totale fiducia e collaborare in mezzo a mille difficoltà. È bello per me vederla così: sono stato scelto perché Veljko si fida di me come persona. Inoltre, fare il vice per me è utile. Dopo aver giocato ho fatto svariate cose, questo mi mancava: dovessi tornare ad allenare sarà di grande aiuto. Poi la Croazia è bellissima, Zagabria una città stupenda”.

Possiamo dire che uno dei suoi obbiettivi sia di tornare a fare il capo allenatore?
“Sono molto meno spaventato di quanto lo fossi quando ho lasciato Varese. Vedo le cose lucidamente: la mia sofferenza quando vestivo biancorosso era inumana. Anche Mrsic soffre, ma io avevo quella sorta di valore aggiunto nel senso negativo: mi giocavo anche il passato. Sono stato 8 anni a Varese: non volevo che la gente cambiasse opinione sul Pozzecco persona. Desideravo che non mutasse il rapporto fra me e la città, e spero non sia successo con la mia scelta di lasciare. Lo avevo detto all’inizio dell’anno: se le cose non fossero andate per il verso giusto, me ne sarei andato”. Openjobmetis Varese-Acqua Vitasnella Cantù. La carica di coach Pozzecco

Guardando indietro, come è stata l’esperienza di allenare a Varese?
“Emotivamente è stato fantastico: la partita iniziale contro Cantù è stato uno dei giorni più belli della mia vita. Potessi tornare indietro, farei la stessa scelta solo per rivivere quella giornata lì. Di stronzate ne abbiamo fatte, ad esempio una stupidaggine che si commette spesso. Vi spiego: domenica parlavo con Dawan Robinson (che ha giocato nella Varese di Pozzecco, ndr), ora all’Olimpia Lubiana, e lui mi diceva dell’enorme differenza fra l’Italia e qua. Da noi c’è una conoscenza clamorosamente diversa della pallacanestro. In Italia – per usare parole sue – “ognuno gioca come gli pare”, perché sono abituati così. Qui è diverso: ci si impegna di più con uno spirito differente. Io non sono adatto ad allenare gente che ha solo talento atletico ma non una conoscenza cestistica che mi piace”.

Cosa c’entra con gli errori che ha fatto? Intende nella scelta dei giocatori?
Openjobmetis Varese-Milano.Pozzecco, Rautins e Robinson“Sì esatto: è un po’ la stessa cosa che ha detto Basile in questi giorni. Anche per far crescere i giovani, per avere una scuola cestistica, le squadre devono avere una tipologia di pallacanestro di un certo tipo. Che poi è quella che si gioca qua, dove si gioca insieme e ci si passa la palla. A volte in Europa il mix di giocatori è esagerato. È vero che ci servono gli americani perché danno atletismo e velocità, ma in un contesto diverso. A Capo d’Orlando ero riuscito, anche perché le regole in A2 erano differenti. Se andiamo a vedere le squadre di Eurolega, hanno 2/3 americani. Ad esempio il Fenerbache: l’altra sera sono uscito con coach Obradovic che ci ha raccontato della sua visione di basket. Noi abbiamo un americano molto bravo che è stato anni in NBA – Henry Walker -, ma poverino, fa sempre passi in partenza. Ma voglio dire un’altra cosa”.

Dica.
“Che mi sembra tutto abbastanza banale. Dobbiamo capire che non conta solo vincere o perdere, ma portare la gente al palazzo. Non è automatico che succeda vincendo: in Italia si pensa che tutto debba partire dalla vittoria, ma non è così assolutamente. La vittoria è solo la punta dell’iceberg, la conseguenza di come lavori. Dobbiamo renderci conto che abbiamo lavorato per anni nella direzione sbagliata. Ma basterebbe solo accorgersi, alcuni pensano che la pallacanestro italiana stia attraversando un gran momento. Ma non bastano un Gallinari ed un Belinelli per far sì che questo sia vero”.

Che ne pensa invece della Varese di oggi?
“La seguo ancora tantissimo. Appena finite le partite del Cedevita io e Mrsic controlliamo quanto ha fatto Varese. A dire la verità mi piacerebbe anche tornare, è un desiderio che ho. L’errore che ha commesso Varese quest’anno è di costruire una squadra con gente come Galloway, che ha cambiato 5-6 squadre in pochi anni. Questo deve far capire determinate cose. Negli ultimi anni la squadra ha costruito poco, anche se ormai la società sta in piedi. I giocatori non devono pensare agli anni dopo, bisogna prendere cestisti coinvolti. Se vai a vedere il roster di Varese, negli ultimi 4 anni è cambiato sempre. È un errore enorme, vuol dire che non hai Openjobmetis Varese-Avellino. Pozzecco presente per l'ultima al PalaWhirlpool della Openjobmetiscostruito nulla. Anche perchè, tolto Dunston e forse Green, di questi giocatori non è esploso nessuno. E questo c’entra con un altro sbaglio che si commette spesso in Italia”.

Cioè?
“Nel settore giovanile si pensa solo a crescere futuri talenti. Invece si crescono potenziali tifosi, sponsor e proprietari. Se prendo ET e lo metto a seguire una partita di calcio, dopo due minuti l’ha già capito: tutti la prendono coi piedi e il portiere anche con le mani. Per la pallacanestro il discorso è differente: per capirla, vederla e apprezzarla devo averla giocata. Dobbiamo capire che la gente deve giocare: serve lottare perché il maggior numero di giovani ci giochi”.

Moretti come lei è stato espulso nel derby contro Milano. È l’uomo giusto?
“Secondo me i derby vanno vissuti così, altrimenti alleni in un altro posto. A me Paolo piace molto, è un allenatore in gamba. Sono molto contento di essere qui – sia chiaro -, ma mi spiace perché fossi rimasto a Varese avrei potuto dargli una mano. Potendo discutere con lui prima del derby avrei potuto rendermi utile per fargli capire l’atmosfera. Secondo me però è un grande allenatore con una carriera brillante davanti a sé, capisce molto di basket. Se avrà quel pizzico di fortuna che merita, farà una carriera super. Mi dà molta sicurezza”.

Ci racconta un aneddoto inedito del Pozzecco giocatore e del Pozzecco allenatore?
13.Openjobmetis Varese-Bologna.A festeggiare alla fine è Varese che trova il secondo successo consecutivo. Pozzecco non trattiene l'esultanza...“Non ho grande capacità di tenere i miei segreti.. (ride, ndr). Da allenatore ho commesso l’errore più grande della mia vita quando ho mandato via Robinson. Non perché la scelta tecnica fosse errata, ma ho sbagliato sul lato umano, non l’avrei mai dovuto fare: siamo stati 15 minuti a piangere in spogliatoio insieme. Rivederlo domenica è stata una sorta di liberazione mia, mi sono tolto un peso. Lui non era il colpevole delle nostre difficoltà, anche se poi è arrivato Maynor ed è andata bene. Quando ero piccolo mio papà giocava nella Robur, e quando sono nato io Varese era anni luce da casa nostra, ma ho sempre sentito i suoi racconti epici. La cosa più bella è stata aver avuto la fortuna di rendere realtà tutte le leggende che si raccontavano a casa mia. Ho coltivato delle amicizie vere ed è stato bello essere un grande protagonista di una grande squadra. Io ho la fidanzata spagnola, e quando racconta che ho giocato a Varese, gli altri rispondono “Huevos!!”. Lascio a voi la traduzione…”.

Quindi ci rivedremo sulla panchina di Varese?
“No, sulla panchina no, è giusto che ci sia Paolo. Semmai vengo a dargli una mano…”.

Luca Mastrorilli