Può una squadra che ha realizzato solo 7 reti in metà stagione, salvarsi a fine campionato? No. Non ne ha nessuna possibilità. A meno che? A meno che non si doti immediatamente di un attaccante in grado di segnarne (da solo) almeno altrettante. Certo, anche il Renate ha messo a bilancio solo 8 gol. Ma hanno fruttato 10 punti mentre solo 2 reti biancoblu (quella di D’Alessandro contro la Cremonese e quella di Capua a Mantova) hanno prodotto punti (4). Le altre 5 hanno solo fatto da sfondo ad altrettante sconfitte. Perifrasi statistica che molto banalmente significa: con gli 0-0 non si va da nessuna parte. E anche ieri, il massimo ottenibile era un risultato ad occhiali.
Può un giocatore descritto alla vigilia da Pala come “pronto fra due mesi”, essere invece in lista come titolare il giorno dopo? No. Senza nessuna esitazione. A meno che? A meno che non si abbia relativa considerazione di chi ascolta e prende appunti in sala stampa o si sia voluto semplicemente lanciare la moneta sperando uscisse testa. E invece è uscita croce. Il riferimento è (chiaramente) alla scelta di schierare dal primo minuto Inacio Pià e siccome siamo certi del rispetto che il mister prova nei confronti dei cronisti locali, propendiamo per la seconda ipotesi. Che non è comunque lusinghiera. Anche perché il tecnico di Treviglio è troppo esperto ed onesto intellettualmente per non capire che la contraddittorietà di alcuni messaggi può nuocere prima ancora che all’ambiente esterno, allo spogliatoio stesso.
Può una squadra cambiare con disinvoltura almeno tre sistemi di gioco nella stessa gara senza andare in difficoltà? No. Non è oggettivamente possibile. A meno che? A meno che non si abbia a disposizione un gruppo rodato e di elevata qualità individuale. Identikit che non corrisponde certo alla Pro Patria di quest’anno. Eppure, solo nelle ultime due partite (ma era già successo, all’inverso, con la Giana Erminio) si è partiti con la difesa a 4 salvo poi cambiare nel giro di pochi minuti. Senza che l’avversario proponesse particolari novità rispetto a quanto ci si attendeva prima della gara. Discorso che vale anche per i singoli. Solo ieri D’Alessandro ha ricoperto almeno tre differenti ruoli: mezzala, interno, terzino. Forse, anche per un interprete del suo indubbio talento, sono un po’ troppi.
Può un giocatore finire settimanalmente sulla graticola senza che la corda alla lunga si spezzi? No. Non scherziamo. A meno che? A meno che non si pensi di colpirne uno per educarne 24 (o quelli che sono). Il precetto maoista vede (ovviamente) agli estremi Alessio Pala e Andrea Pisani la cui indecifrabile sostituzione con il Renate va ad aggiungersi alla lavata di capo nella rifinitura pre Alessandria, al battibecco durante la gara con la Cremonese e al Fascia Gate di Cerro. Indizi tanto gravi, precisi e concordanti da costituire la prova della mancanza di feeling. Non un dramma, per carità. Ma la grana andrebbe (e andava) gestita meglio. E, possibilmente, non in pubblico.
Può una club ultimo in classifica affrontare uno degli snodi della stagione senza quell’attaccante atteso da un paio di mesi (o forse più)? No. Non è consigliabile. Come testimoniano l’esito del match di ieri e il censurabile botta e risposta tra il presidente Nitti e parte della tribuna dello “Speroni”. Risparmiando per questa volta l’a meno che, l’arrivo ad ottobre di Michele Ferri ha dimostrato che con un grande giocatore (ed una migliore organizzazione di reparto) si può trasformare la peggiore difesa del campionato (in assoluto lo è ancora) nella migliore. Nelle ultime 10 gare la Pro Patria ha infatti incassato solo 7 reti. Tante quante il Cuneo ed una in meno dell’Alessandria.
In attacco serve insomma un altro Ferri. E serve subito. Il tempo stringe. Anzi, non ce n’è più.

Giovanni Castiglioni