Domani è il compleanno del Varese. Il Club ha voluto festeggiare in gran stile i 106 anni di storia. Ecco alcuni ricordi targati Varese:

PIETRO ANASTASI – Aver avuto Pietro Anastasi in biancorosso è un vanto per tutta Varese: per lui, due stagioni sotto il Sacro Monte condite da 17 gol, prima di passare alla Juventus. E dire che il suo arrivo a Varese è stato quasi casuale: «Il direttore sportivo del Varese Alfredo Casati – confessa Anastasi – era a Catania, doveva prendere l’aereo ma cedette il proprio posto ad una signora. Allora rimase lì e venne a vedere una partita della mia squadra, la Massiminiana». Da lì nacque tutto, e Casati tornò in Lombardia con Anastasi: «Era il destino che voleva che vestissi questa maglia: Varese per me rappresenta tutto». Il Varese di Anastasi fu una vera e propria fabbrica di talenti, che poi si sarebbero affermati ad altissimi livelli: «Sono passati da lì tanti giovani interessanti – rammenta -, potremmo quasi fare una Nazionale: oltre a me, metterei Rampulla, Marini, Bettega e Muraro». E sono stati anni ricchi di soddisfazioni: «Abbiamo battuto tutte le grandi squadre, e poi nella stagione 1967-68 non abbiamo mai perso in casa». Uno dei ricordi più belli è una tripletta messa a segno proprio contro la Juve: «Tornati nel ritiro di Comerio eravamo fermi al semaforo e la gente ci chiedeva il risultato. Quando abbiamo detto che era finita 5-0 non ci credeva nessuno…».

EDOARDO GORINI – Nove anni in biancorosso, dal 1994 al 2003, con oltre 250 presenze che ancora oggi gli valgono il primato di giocatore con più presenze. Ha appeso le scarpe al chiodo tre stagioni fa ed è passato dall’altra parte della barricata: è il vice allenatore del Cittadella. «Ironia del destino, quando parlo di Varese penso ai nove fantastici anni trascorsi lì e alla finale persa proprio contro il Cittadella che ci poteva portare in Serie B. Sono arrivato a vent’anni e me ne sono andato a trenta, si può dire che sono cresciuto come calciatore e anche come uomo. La mia vita, la mia carriera è stata, è, e sarà sempre tinta di biancorosso». Ancora oggi segui con passione le sorti del Varese: «Non voglio farvi pubblicità gratuita, ma almeno una volta al giorno vado a fare una visita su www.varesesport.com per tenermi aggiornato. Varese senza calcio non poteva esistere, sono felice per come la nuova società sia ripartita ed anche per come si sia vinto il campionato dando un segnale forte e ambizioso. Ora il progetto deve proseguire, vincere non è mai facile, la prossima sarà un’altra stagione di transizione che deve riportare i biancorossi al professionismo».

NETO?PEREIRA – E’ il simbolo del Varese degli ultimi cinque anni. Con la maglia biancorossa ha giocato 154 partite, andando a rete  31 volte, per tutti è il capitano. «Sono arrivato a Varese dopo tanta Serie D all’Itala San Marco, in tre stagioni abbiamo conquistato la Serie B e poi disputato delle stagioni esaltanti, per questo posso dire senza dubbio che il biancorosso mi ha cambiato la carriera e anche la vita. Sono cresciuto come calciatore ma anche come uomo in un ambiente che è diventato casa mia». Casa tua, ci dicevi, e spesso sei ancora qui… «Sì, il lunedì sono quasi sempre a Varese. Seguo la squadra, i risultati, ma anche tutto quello che sta facendo il meraviglioso pubblico. Giocare in Eccellenza con quasi duemila persone sugli spalti ti fa sentire giocatore vero. La società sta facendo ottime cose, non era scontato vincere, ci sono riusciti e sono sicuro che è solo il primo di tanti passi per tornare in alto».

La storia biancorossa

A cura di Michele Marocco e Luca Mastrorilli