Il bello di Giuseppe Sannino è che ha lasciato qualcosa in ogni tifoso del Varese. Tutti – a distanza di anni – si sentono legati a lui, e per un uomo di sport è la cosa più bella che possa capitare. Il legame a doppio senso fra Varese e Sannino è qualcosa di impressionante, e con il tempo si rafforza. Perché Beppe non può stare senza Varese, senza il Varese. E non è raro vederlo al “Franco Ossola”. Nell’attesa che tenga fede alla sua promessa

Cosa fa oggi Beppe Sannino?
“Sono un allenatore sotto contratto (con il Carpi, ndr), a dire il vero non molto felice. Sono triste perché mi manca il campo. Il mio pensiero è rivolto alle sorti del Varese, che deve ricominciare il ciclo. Ogni volta che arrivo a Varese sono allo stadio, e incontro sempre qualche tifoso nella mia corsa giornaliera. Sono vicino alla dirigenza che si sta facendo in quattro per portare Varese dove merita”.

Non è che ha nostalgia di casa?
“Non è nostalgia, amo quello stadio perché ci ha visti felici. È uno stadio di felicità non solo per me, ma anche per altri allenatori e 15 gennaio 2011 Varese - Torino: Sannino si staglia nel cielogiocatori. È quasi automatico per me passare davanti all’Ossola quando vado a correre, per poi capire e conoscere le persone che oggi si stanno dando da fare. Come Rosa, Galparoli, Ciavarrella e altri. Sono stato a cena con il presidente e gli auguro veramente il meglio, al di là di questo campionato che è finito. Ora bisogna pensare al prossimo anno”.

Secondo lei perché il suo legame con Varese è ancora oggi così viscerale?
“Io lo so: perché amo Varese come città e tutti gli sportivi e tifosi che sono stati assieme a noi. Ma bisognerebbe chiedere agli altri il perché del legame con Sannino. Ma credo sia perché sono una persona come loro, come tutti”.

C’è qualcosa di quegli anni magici che ancora non si sa?
“Eravamo come carta velina, trasparenti. La nostra società era talmente snella che si sapeva praticamente tutto. Da Sogliano in giù eravamo così trasparenti e passionali che non è rimasto nascosto nulla. Si capisce con uno sguardo quando persone come me e Sogliano dicono cavolate”.

Ha dei rimpianti nella sua carriera?
“No, non vivo di rimpianti. Ho fatto quello che ho fatto sempre con scelte che sentivo. Altrimenti non sarei andato avanti. Anche in Inghilterra è stato così: mi dicono che sono rimasto nel cuore dei tifosi e della gente. Non ho rimpianti, ma grandissimi ricordi. A questo proposito, mi viene in mente una cosa che posso raccontarti…”.

Prego.
“Venivo da due campionati vinti con il Lecco e il Pergocrema e rimasi senza squadra. Quando il Varese mi ha chiamato, la squadra era ultima con Carmignani, e mi sono incontrato con Sogliano che ha subito messo le mani avanti: non c’erano soldi. Poi c’è stato un sanninoaltro incontro, questa volta a Lainate. Oltre a me e Sogliano c’erano Rosati, Montemurro e un mio amico-agente che mi ha sempre accompagnato. Io prendevo 50mila euro all’anno, e il Varese me ne offriva 35mila. Il mio amico mi diceva di aspettare qualcos’altro di meglio, ma io volevo allenare e accettare. Allora il mio amico chiese almeno un premio salvezza, ma la dirigenza varesina disse di no, che non se lo poteva permettere. Intervenni io: niente premio salvezza, vanno bene 35mila euro ma raddoppiati in caso di vittoria del campionato e promozione. Loro mi fecero firmare subito – pensavano fosse impossibile -, nessuno ci credeva. L’anno dopo abbiamo fatto allo stesso modo ed è andata ancora bene. Abbiamo ripetuto questo metodo l’anno della B e stavo per portare via al Varese una fortuna… Quindi quella sera accettai molto meno di quanto guadagnavo, ho rischiato per il Varese”.

Veniamo al Varese di oggi. C’è qualche ragazzo che avrebbe voluto con lei?
“Non li conosco molto bene, ma sono sicuro che Viscomi sarebbe stato perfetto in una mia squadra, così come Capelloni. Anche Marrazzo e Giovio: sono ragazzi che avrebbero potuto fare di più per i mezzi che hanno. Per come li ho visti io, sono tutti intelligenti, ed è il primo pregio di ogni giocatore. Fra i giovani mi piacciono Azzolin e Zazzi, ma non vorrei non parlare di tanti altri. Ad esempio un plauso va a Gheller e al mister che sta conducendo la squadra. Non è mai facile vincere”.

Ma è vero che Melosi assomiglia a Sannino?
“Io credo che Melosi debba essere Melosi, ed è giusto che si prenda meriti senza fare paragoni con nessuno. Penso che sia molto più felice se lo si gratifica per il suo nome”.

Finiamo con una promessa: ha detto che tornerà…
“Sì, quando faccio una promessa la mantengo. E sarà gratis. Ho detto che quando sarà il tempo e se la società mi vorrà, a me piacerebbe chiudere la carriera a Varese. Lo faccio perché è una cosa mia, vado in campo con l’amore e la passione per quello che Varese ha dato a me. È un debito di riconoscenza”.

Luca Mastrorilli