Diffidate dalle apparenze, consigliano i saggi. Sono fuorvianti, ingannevoli. Per dirla alla Schopenauer, bisognerebbe prima scostare e andare oltre il velo di Maya che ci preclude la vista della realtà per poi giudicare con precisione con chi o che cosa abbiamo a che fare. Eppure capita raramente, forse solamente una volta nel corso dell’intera esistenza, che il proprio destino s’intrecci con quello di una persona speciale. Con la quale non sarebbe nemmeno necessario andare troppo lontano per comprenderne l’unicità. Lo si capisce dagli sguardi. Dalle emozioni che suscita in te. Da quel senso di irripetibilità che si impossessa di te e mai più sembra volerti lasciare.

E’ un po’ su questo che si basa la vita del procuratore: sull’intuizione giusta al momento giusto. E Gaetano Paolillo, uno dei più importanti agenti Fifa italiani ed ex giocatore del Varese, l’ha avuta a suo tempo ammirando un ragazzino brasiliano, cresciuto nel San Paolo. Che in una sera di Aprile del lontano 2007, culmine della sua carriera, incantò OldTrafford insaccando il suo più bel gol contro il Manchester United in Champions League. Sombrero, testa e piattone sotto le gambe del portiere. Capolavoro firmatoRicardo Izecsondos Santos Leite. Per tutti,Kakà.

gaetano paolilloDAL BRASILE AL PALLONE D’ORO –Nel 2003 ero andato in Brasile – racconta Paolillo –. Ho visto questo giocatore. Mi ha subito impressionato: andava al doppio degli altri; saltava gli avversari con una facilità disarmante; era forte anche nella testa, aveva una grande personalità. Insomma, si vedeva che era speciale e non ci ho pensato due volte a contattare l’allora direttore Braida per portarlo al Milan.” Il resto è storia. Che Gaetano Paolillo ci avesse visto lungo lo testimoniano i risultati: con la maglia rossonera Kakà ha conquistato diversi scudetti, la Coppa Campioni, quella Intercontinentale e molto altro. Per non parlare dei trofei con la nazionale verdeoro con cui nel 2002 si laureò campione del mondo. “Tra me e la sua famiglia era nato un bellissimo feeling che permane tuttora. È diventato parte della mia famiglia e vederlo raggiungere traguardi così importanti come il pallone d’oro è stata una grande soddisfazione”.

RAPPORTO CON VARESE – Il nome di Gaetano Paolillo, oltre ai numerosi giocatori dei quali è stato procuratore, è rimasto indissolubilmente legato a quello del Varese, dove ha giocato nel ruolo dell’ala e dove tuttora vive con la sua famiglia: “Seguo sempre le vicende del club. Ho perfino avanzato delle proposte per migliorare la situazione. Avevo delle idee e degli investitori, ma non ci sono state le condizioni favorevoli per realizzare il progetto – spiega lui –. Obiettivamente non vedo un futuro roseo per il Varese. La società si è cacciata in una situazione molto complicata. Hanno promesso in troppi e mantenuto in pochi, pochissimi. Bisogna ripartire dai giovani e migliorare la gestione dell’ambiente”.

DI MESTIERE PROCURATORE – Ma cosa significa davvero oggi essere un procuratore? “Spesso il termine viene utilizzato a sproposito– spiega Paolillo –.Il procuratore è simile ad un medico che si prende cura di un ragazzo. Deve farlo crescere ed insegnargli a camminare con le proprie gambe nel mondo del calcio, in questo caso. Io cerco sempre di mettere a disposizione dei miei assistiti la mia esperienza da calciatore. Non basta la qualità per diventare grandi. Servono coraggio, umiltà, sacrificio”. Oggi invece sembra il denaro a farla da padrone. Basti pensare alla cifra record di 200 e passa milioni con cui il PSG si è assicurato il talento di Neymar, strappandolo al Barcellona. Cifre spropositate? “E’ un caso limite, ma credo che faccia parte di un processo in continua evoluzione – spiega Paolillo –. Penso che le cifre diventeranno sempre più alte. Molti calciatori di Serie A dei nostri giorni, pur non essendo all’altezza della categoria, guadagnano il doppio o anche il triplo dei migliori giocatori del passato”.

Ma insomma, per uno come Gaetano Paolillo che i campi li ha calcati per diversi anni, che le magliette le ha sudate a più riprese su e giù dalla fascia, che prima di diventare un procuratore di successo è stato un calciatore, questo sport non può essere solo una questione di soldi: “Il calcio è la mia vita. Mi ha insegnato ad imparare dai miei errori. Avrei dovuto fare più sacrifici probabilmente a tempo debito. Oggi cerco di farlo capire agli altri. Soprattutto a mio figlio, con cui ho viaggiato molto e condiviso momenti bellissimi grazie al mio mestiere”. Che ha intrapreso la stessa strada del papà. Imponendosi come il più giovane agente FIFA e portando nella scorsa finestra di mercato al Sassuolo un giovane classe 99, scuola Roma, Gianluca Scamacca: “uno che ne farà di strada”. Non so voi, a giudicare dall’esperienza, io un pensierino ce lo farei.

Alessio Colombo