IL CASO – Uno dei più controversi casi sportivo/giudiziari degli ultimi anni ha vissuto ieri un altro passaggio processuale. Ma qualcosa non quadra. Parliamo delle strascichi seguiti agli incidenti intercorsi tra opposte tifoserie a margine di Lecco – Pro Patria del 13 febbraio 2011. Andiamo per ordine.

L’ACCADUTO – Prima di quella sfida al “Rigamonti Ceppi” (terminata poi 0-1 con Serafini match winner), 43 ultras biancoblu si scontrarono con 55 omologhi blucelesti nei pressi dell’uscita della SS36 in via Balicco (poche centinaia di metri dallo stadio). Secondo le ricostruzioni fatte dalla Digos lariana in collaborazione con quella varesina, il rendez-vous sarebbe stato pianificato tanto che la tifoseria tigrotta lasciò le auto alla stazione di Oggiono per compiere l’ultimo tratto verso Lecco in treno. Al termine della rissa durata una decina di minuti, si contarono 4 feriti di cui 3 tra gli uomini delle forze dell’ordine. Inevitabili le polemiche a corredo per l’autorizzazione alla trasferta avallata dall’allora prefetto Marco Valentini. A distanza di 4 mesi (17 giugno), il completamento delle indagini portò a 17 segnalazioni (12 tifosi della Pro Patria e 5 del Lecco) con relative richieste di Daspo. Le accuse contemplavano “rissa, aggressione, resistenza e violenza contro pubblici ufficiali, porto di oggetti atti ad offendere”.

LA CONDANNA – Durante il processo di primo grado presso il Tribunale di Lecco emersero ulteriori elementi probatori. Tutti esclusivamente (e insolitamente) a carico della tifoseria ospite. In particolare, un filmato amatoriale realizzato da fonte confidenziale alla Questura di Lecco avrebbe permesso la ricostruzione dei fatti a carico dei 10 ultras biancoblu chiamati a giudizio. Nonostante alcune deposizioni, su tutte quella di Dante Russo, ispettore dei Carabinieri ferito durante gli scontri (“ho avuto la sensazione che si trattasse di un tifoso del Lecco perchè quando un collega mi è venuto incontro per soccorrermi ho visto alcune persone che dalle mie spalle, scappavano nella direzione in cui si trovavano la tifoseria locale“), avessero supposto responsabilità più diffuse. Il 14 febbraio 2016, il giudice Salvatore Catalano condannò i 10 supporters di cui sopra ad una sanzione pecuniaria tra 309 e 515 euro.

LA CONFERMA – Infine ieri, la Corte d’Appello di Milano ha confermato il verdetto di primo grado ignorando le ragioni della difesa (rappresentata, tra gli altri, dall’avvocato Abbiati) che puntavano sulla parzialità del filmato prova regina del processo. Uno sviluppo giudiziario con qualche vuoto di sceneggiatura. E il caso rischia di rimanere tale.

 Giovanni Castiglioni