Tra i protagonisti della rinascita biancorossa della stagione di ritorno c’è stato anche Attilio Caja, l’uomo chiamato dalla società per pilotare la squadra quando essa si era ritrovata decisamente in cattive acque nell’inverno tra il 2016 e il 2017. Il coach è stato naturalmente confermato per la prossima stagione e, fin dal termine della regular season 2016/2017, ha iniziato subito a lavorare – al fianco di Claudio Coldebella e della società – per programmare la Openjobmetis che affronterà il prossimo campionato.
Dall’ultima giornata della passata stagione non vi siete fermati un momento. Ci racconti questi due mesi e mezzo di lavori.
«Abbiamo dovuto fare delle valutazioni, partendo dai colloqui con chi c’era l’anno scorso. Con alcuni si è trovata una comunione di intenti per continuare, con altri invece – pur apprezzandone le qualità e il lavoro, perché quando si fa bene c’è sempre un lavoro d’equipe alle spalle – si è deciso di fare altre scelte. Ognuno di noi ha un suo carattere, un suo modo di porsi e degli obiettivi e si devono cercare persone il più possibile complementari tra di loro. Abbiamo un nuovo staff sia nella sua parte tecnica sia nell’area medica e di accompagnamento e con tutti questi, assieme alla società, siamo partiti per entrare nel discorso squadra».
Come sono andate le cose in quella fase?
«Prima abbiamo valutato i giocatori che potevano continuare con noi: alcuni non ci hanno dato la disponibilità perché avevano mire più alte o pensavano di meritarsi di più. Con onestà – va detto – ci hanno comunicato le loro intenzioni e ci hanno ringraziato per averli fatti salire di livello. Eyenga e Anosike, in questa fase dell’estate, hanno messo in primo piano l’aspetto economico e per noi, pur con tutta la riconoscenza, non è stato possibile a procedere. In bocca al lupo a Chris per la nuova esperienza, spero che anche Maynor e Anosike possano trovare delle ottime opportunità e sono molto contento della firma di Dominique Johnson con Venezia: essere riconoscente a chi ha fatto bene per me è molto importante dal punto di vista umano, sono il primo tifoso dei miei giocatori e auguro loro di poter crescere sempre di più».
Quali sono state, dunque, le altre strade percorse per costruire il roster?
«Siamo innanzitutto partiti da Ferrero, Avramovic e Pelle. Giancarlo ha dimostrato prima sul campo e poi in sede di contrattazione di voler rimanere qui. Avramovic invece era già sotto contratto e non abbiamo mai avuto dubbi sulla sua permanenza: penso che alla seconda stagione possa prendere gli insegnamenti positivi dell’anno scorso e correggere quello che non andava. Attorno a questi siamo andati ad esplorare i mercati europei per trovare giocatori che potessero sposare le nostre idee e che arrivassero con grandi motivazioni. Devono usare questa tappa del loro percorso come un momento di rilancio: sono tutti giocatori in ascesa e devono lavorare per meritarsi il meglio. Noi, da parte nostra, faremo tutto per aiutarli. Inoltre la società ha operato con contratti biennali, quindi se le cose vanno per il verso giusto c’è la base da cui ripartire».
I contratti biennali restituiscono maggior valore al lavoro in palestra?
«Quando si fanno le squadre d’estate, tutti dicono di essere felici e pensano di aver fatto la squadra migliore. In trent’anni di basket non ho mai sentito una società dire: “No, non ci siamo proprio”. Quindi è vero che da un lato abbiamo preso quelli che volevamo, ma poi c’è la prova del campo. Ogni anno per qualche squadra le cose funzionano, per altre vanno anche al di sopra delle aspettative e per le restanti vanno peggio. Finché non vedi i giocatori nel quotidiano e di persona non puoi avere una percentuale completa di conoscenza del loro valore perché vederli da avversari o in video è un altro conto. Noi confidiamo che con il lavoro questo gruppo possa rendere al meglio. Poi bisogna mettere in conto che non sempre – alla prova del campo – tutti gli incastri si rivelano vincenti: ci presentiamo ai blocchi di partenza con sette giocatori nuovi e, se almeno cinque di loro dovessero rendere in linea con le aspettative o anche al di sopra, potremmo dire di aver fatto un buon lavoro».
Quanto è alto il livello di attesa per l’inizio del ritiro?
«L’attesa per il ritorno in campo è sempre intensa perché è lì che si colgono maggiormente i frutti del proprio lavoro. Di questi tempi assieme con il mio staff stiamo preparando le situazioni di gioco che meglio possono far rendere i nostri giocatori: il playbook va ovviamente modellato sulle caratteristiche degli elementi che avremo in squadra. L’intenzione è quella di lavorare duramente fin dal primo giorno per costruire il prima possibile un gruppo, affrontare il precampionato in maniera costruttiva ed arrivare pronti alla prima giornata di campionato».
Quale sarà l’identità della Varese 2017/2018?
«Nelle nostre intenzioni la squadra che affronterà il prossimo campionato dovrà anzitutto configurarsi come un gruppo compatto e coeso: è da lì che partiremo per impostare la stagione che sta per arrivare. È importante che ognuno comprenda il livello di impegno e dedizione che servirà per la nostra causa perché questa squadra dovrà sempre scendere in campo con grande intensità. Poi intendiamo fornire ai nostri ragazzi un’impronta difensiva ben definita: vogliamo giocare con grande energia nella nostra metà campo perché è da un buon rendimento difensivo che parte ogni prestazione. E ci tengo a dire anche un’altra cosa».
Prego.
«Dobbiamo sempre tenere a mente che i nostri tifosi meritano riconoscenza e ringraziamenti, anche perché loro ci consentono di avere in casa un’atmosfera che aiuta a vincere le partite. Giocatori e allenatori passano, mentre Varese resta e i tifosi sono parte di Varese. Il numero di abbonamenti dimostra l’affetto nei confronti di questa squadra e per cui dobbiamo ringraziare tutti: dai ragazzi della curva che partecipano e innescano il Palazzetto con i loro cori a tutti gli abbonati degli altri settori. Voglio aggiungere una cosa a questo riguardo: il pubblico di Varese è perfettamente capace di capire quando la sua squadra sta dando tutto. L’anno scorso, anche prima della svolta in termini di risultati, percepivamo l’attaccamento. Questo deve essere un nostro punto fermo: se garantiamo il 100% dell’impegno ad ogni partita conquistiamo il nostro pubblico».
Alla luce dei movimenti di mercato registrati fino ad ora, come sarà il prossimo campionato?
«Penso che il mercato stia imprimendo al campionato una direzione ben definita: ci sarà un allargamento della forbice tra le dieci squadre più forti e le sei che invece giocheranno per evitare l’ultimo posto. Alle formazioni che hanno conquistato i Playoff l’anno scorso vanno infatti aggiunte una Virtus che – per blasone e per i nomi dei primi acquisti – non definirei nemmeno neopromossa, una Torino che si sta muovendo benissimo e una Brescia che ha fatto un mercato di alto livello per quanto riguarda sia i rinnovi sia gli inserimenti. Il motivo della differenza tra i due gruppi di squadre è prettamente economico: hanno una maggiore disponibilità di fondi».
Filippo Antonelli