Vuoi coniugare lo studio e la tua passione per lo sport, magari per il calcio? Questo potrebbe essere l’inizio di uno spot pubblicitario, ma c’è chi lo sta facendo davvero, e anche egregiamente: Federico Cordiano.
Il ragazzo, non ancora 24enne, serio, con la testa sulle spalle e con la voglia di costruirsi un buon futuro, nell’agosto dello scorso anno è partito infatti dalla sua Bisuschio per gli Stati Uniti per frequentare la Shorter University Christian Studies Department di Rome, in Georgia, e precisamente il corso di laurea specialistica in M.B.A in Marketing. Come accade in tutte le università americane, il suo percorso di studi non è fatto solo di lezioni ed esami, ma anche, e forse soprattutto, di allenamenti, di partite di calcio e del campionato universitario con la maglia degli Hawks.
Tornato nella sua Varese per il periodo estivo, Federico racconta la sua esperienza, le emozioni e tutto quello che ha vissuto nel suo primo intenso anno in terra statunitense.
Non è da tutti partire per gli USA ed entrare in un college. Come hai fatto?
“Questa idea mi frullava in testa da qualche tempo. Ho preso la laurea triennale in Marketing, comunicazione aziendale e mercati globali in Bicocca e desideravo continuare a studiare, magari all’estero, e nello stesso tempo proseguire a giocare a calcio. Quasi per caso, un amico di un amico mi ha indicato un sito in cui potevo trovare quello che stavo cercando e quella è stata la mia fortuna. Mi sono appoggiato a College Life Italia che è una società che ha lo scopo di aiutare ragazze e ragazzi italiani ad ottenere borse di studio per portare avanti la propria carriera sportiva ed universitaria negli Stati Uniti. Ho inviato un video fatto mentre mi allenavo a giocare a calcio, sono stato contattato da qualche coach e ho ricevuto offerte di borse di studio da quattro università: due in Georgia, una nel Tennessee e una alle Hawaii. Scelta la Shorter University Christian Studies Department, a metà agosto del 2016 sono partito per Rome, in Georgia, e lì è iniziata la mia bellissima avventura americana”.
Che cosa significa aver vinto una borsa di studio?
“Vuol dire che tutto il mio percorso di studi è completamente pagato, trasferte comprese con la squadra di calcio. Ho un appartamento che condivido con Antonio, un italiano di Potenza, e con un ragazzo tedesco e a mio carico ho solo il vitto. Tutto ciò, però, vale solo se si mantiene una media di 3.0 su 4 negli esami che si devono dare. Se non si riesce a rimanere al passo, si è esclusi dalla squadra del college. Io sono in regola e conto di laurearmi a dicembre”.
Qual è la tua giornata tipo?
“Dall’11 agosto fino alla fine del mese di agosto saremo impegnati nella preparazione e, dunque, avremo un allenamento al mattino, pranzeremo tutti insieme e poi faremo un’altra sessione di training nel primo pomeriggio. Durante l’anno accademico, invece, ho lezione dalle 18.30 alle 21.30 e mi alleno una volta al giorno. Questo vale per me che sono iscritto al master e che ho come compagni di classe adulti che di giorno lavorano e di sera riescono a partecipare ai corsi. Chi, invece, frequenta la laurea triennale nel mio college ha lezione dalle 8 alle 17 con una pausa per mangiare e per allenarsi”.
Il calcio è una delle tue passioni. Dove e quando hai iniziato a giocare?
“Sono entrato da piccolo nei primi calci del Ceresium Bisustum e ci sono rimasto fino alla prima superiore. Mi sono spostato poi all’Aldini Bariviera, che all’epoca aveva tra gli allenatori Maurizio Ganz; ho militato in seguito nei Soccer Boys, nel Mendrisio e infine nella Pro Sesto tra gli Juniores nazionali, con anche qualche convocazione in Serie D. In Italia gli allenatori mi hanno sempre fatto giocare terzino destro, mentre negli Stati Uniti mi preferiscono centrocampista centrale. Però ho conservato il mio numero preferito, il 2”.
E’ tanto diverso il calcio in America?
“Decisamente. Ben, il mio coach – negli USA si chiama così e non mister -, mi ha subito spostato a centrocampo e il mio compito è quello di far girare la squadra. Sono il fulcro del centrocampo insieme al mio coinquilino Antonio Stantarsiero, mentre l’altro italiano, Stefano Cammarota, simpaticissimo ’96 di Napoli, è stato dirottato in difesa ed è il nostro baluardo”.
Tre italiani nell’11 titolare, non male.
“Godiamo di molto credito nel calcio statunitense perchè siamo più preparati tecnicamente e tatticamente rispetto ai ragazzi americani. Non per niente, nella mia squadra ci sono soltanto due statunitensi e tutti i titolari sono per lo più europei: abbiamo un francese, un tedesco, un inglese, ma anche un messicano e due venezuelani. In totale siamo in 18 ed è bellissimo conoscere persone da quasi ogni parte del mondo; i costumi e le usanze di ognuno dei miei compagni lasciano in me qualcosa che conserverò per sempre”.
Come giudichi il tuo campionato?
“Sono abbastanza contento, ho segnato due gol e sono stato autore di qualche assist. Quanto alla squadra, siamo arrivati secondi nel campionato universitario della nostra zona che comprende Georgia, Florida, Tennessee, Alabama e North Carolina. Approdati ai playoff, siamo stati eliminati da una formazione del Mississippi e purtroppo non siamo passati alle finali nazionali. Chi vince le finali nazionali va alla Final Four di Kansas City dove c’è in palio l’anello. Ci riproveremo la prossima stagione e so già che disputeremo le prime due partite in Florida”.
Com’è la vita nel college?
“Fantastica, proprio come si vede nei film. Si studia, si fanno feste, si conoscono tanti ragazzi e tante ragazze che arrivano da ogni dove. Siamo quasi in 4000 e alla Shorter University Christian Studies Department si ha la possibilità di fare qualsiasi sport. E’ davvero una realtà magnifica e sono contentissimo di vivermela”.
Dopo la laurea tornerai in Italia a lavorare o rimarrai negli Stati Uniti?
“Vorrei trovare un’occupazione negli Stati Uniti, magari ad Atlanta che è ad un’ora di distanza da Rome. Per i primi anni starei volentieri negli USA per poi tornare a casa tra qualche tempo”.
Che cosa ti senti di dire ad un tuo coetaneo o ad un/a ragazzo/a anche più giovane di te?
“Sto vivendo un sogno e ho voluto raccontare la mia storia per far conoscere ad altri che esiste veramente l’opportunità di studiare e di coltivare una passione sportiva in un Paese come gli Stati Uniti. Il mio è un percorso di crescita sportiva, ma anche e soprattutto umana. Lo consiglio a tutti. Partite!”.
Laura Paganini