Paolo Vanoli, nato a Varese il 12 agosto 1972 (auguri), ha sempre fatto dell’umiltà e della dedizione al lavoro la sua arma vincente. Dopo la trafila nelle giovanili del Varese Calcio, i dirigenti di allora non hanno creduto nelle sue qualità e il terzino sinistro ha dovuto aspettare la stagione 1994-95 per conoscere il calcio che conta. A Venezia, in Serie B, un certo Riccardo Sogliano lo affida alle cure di Peo Maroso, allenatore dei neroverdi, che lo fa diventare un calciatore vero.
“Non smetterò mai di ringraziarli per quella opportunità – ci raccontava Vanoli -. Dopo tanti sacrifici hanno creduto in me e mi hanno cambiato la vita”. Passato al Verona nel 1996, fa il suo esordio in Serie A con gli scaligeri. La sua carriera si impenna nel 1998 con il Parma dove in due anni vince una Coppa UEFA (segnando anche il secondo dei tre gol con cui il Parma sconfisse l’Olympique Marsiglia in finale), una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana. Dopo Firenze e Bologna, fa un’esperienza con i Rangers Glasgow. Nel 2006 appende le scarpe al chiodo dopo aver giocato ancora a Vicenza e quattro gare in Grecia con l’Akratitos.
Ha sempre avuto le idee chiare il ‘Paolino’ e per questo, appena smesso con il calcio giocato, sa che vuole diventare allenatore. Nel 2007 è già sulla panchina di una squadra di Serie D del veronese, il Domegliara.
La maglia azzurra come calciatore l’ha conosciuta il 13 novembre 1999 allo Stadio Via del Mare di Lecce, segnando anche un gol nell’amichevole con il Belgio (persa per 3-1) e nel 2010 entra a far parte dello staff tecnico del settore giovanile italiano. La sua prima esperienza come capo allenatore è datata luglio 2013 quando gli viene affidata l’Under 16. Nel 2016 Giampiero Ventura lo vuole al suo fianco come assistente tecnico della Nazionale italiana e nello scorso mese di luglio, prima della riconferma di Di Biagio, la Federazione pensa a lui per la guida dell’Under 21, ma Vanoli cede alle sirene inglesi del Chelsea. Antonio Conte lo vuole con lui come assistente per poterne sfruttare la competenza e la duttilità, la conoscenza del lavoro nelle nazionali straniere e la capacità di saper tirare fuori il meglio dai più giovani.
Michele Marocco