Di certo, tra i lunghi italiani che hanno vestito i colori biancorossi a cavallo tra il XX e il XXI secolo, è stato il più apprezzato, sia per le doti tecniche di cestita dalla mano morbida e dall’elevata conoscenza del gioco, sia per quelle umane. Giacomo Galanda, detto Gek (sì, scritto proprio così), un m. 2.10 di classe pura, in quella quinta giornata del campionato 2006/07, era il 27 di ottobre, sfoderò un’altra delle sue prestazioni ad alto profilo.

Si giocava a Masnago contro il Montepaschi Siena allenato da Simone Pianigiani e il centro friulano contribuì con 17 punti alla netta vittoria varesina: un +12 (76-64 il punteggio finale) dove i suoi canestro dall’arco (2/3 nelle triple) e le sue conclusioni efficaci da due punti (5 canestri su 9 tentativi) oltre ai 7 rimbalzi fecero la differenza sul parquet.

Non che Gek, anche in precedenza, fosse stato parco di prove di rilievo ai piedi del Sacro Monte: non a caso, la sua prima stagione con la maglia della Pallacanestro Varese coincise con quella dello scudetto della stella. Nei Roosters dal gioco spumeggiante, lui alzava il livello ogniqualvolta usciva dalla panchina per prendere il posto di un ancora acerbo Santiago o accostarsi al pivot portoricano così da formare una coppia con pochi eguali nell’area colorata.

Il percorso cestistico di Galanda è stato ricco di successi, non solo a livello di club con i suoi tre titoli tricolori – oltre a quello bosino, ci sono anche quelli con Fortitudo e Siena e fece bene pure con Verona, Olimpia Milano e Pistoia -, ma soprattutto in azzurro.

Fu lui uno dei grandi protagonisti del titolo europeo del 1999 e poi della medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene 2004, con l’Italia superata solo dall’Argentina. Un quintetto sudamericano che, lo ricorderete, era allenato da Ruben Magnano: proprio l’allenatore che, in quella serata del 27 ottobre 2006, era sempre seduto in panchina, ma da coach di una Varese griffata Whirlpool.

 Antonio Franzi