Nell’epoca delle porte scorrevoli e del mercato sempre aperto, uno straniero che disputa cinque stagioni con la stessa squadra è decisamente un’eccezione. Kristjan Kangur è arrivato a Varese nel 2010 e ha vestito il biancorosso nelle due stagioni targate Recalcati, poi ha fatto il suo ritorno in città nel 2014. Da quel momento, a parte una parentesi al Baskonia, non se n’è più andato. In biancorosso ha disputato in campionato 132 partite tra regular season e playoff con 1136 punti (8.6 per gara) e 648 rimbalzi (4.9 di media) complessivi.

In campo europeo ha difeso i colori della Città Giardino – tra FIBA Europe Cup e Champions League – per 28 volte: ha segnato 154 punti (5.5 a partita) e ha catturato 101 rimbalzi (3.6 di media). Tra gli stranieri nella storia della Pallacanestro Varese, l’estone è uno di quelli con più presenze in campionato. Con le sue 222 partite di Serie A è ottavo tra gli stranieri attualmente nel massimo campionato dietro a Ben Ortner (371), RimasKaukenas (345), Drake Diener (300), David Moss (289), Marques Green (261), MaartenLeunen (259) e Phil Goss (225).

Cinque anni a Varese: quali sono le motivazioni di questo suo legame con il club?
«Il fattore che ha avuto il maggior peso nella mia decisione di rimanere qui per tutti questi anni è la qualità delle persone che lavorano per la Pallacanestro Varese: sono tutti molto professionali. Non solo: ho un grande rapporto con i tifosi e in questa città mi trovo benissimo. Per queste ragioni, quando mi è stata data la possibilità di tornare, ho detto subito sì. Infine il livello del campionato mi piace molto, non per niente sono in Italia da tantissimi anni».

Negli ultimi anni Varese ha sempre collezionato i risultati migliori nella seconda parte di stagione. Come mai?
«Non posso giudicare cosa sia andato storto nella prima parte della scorsa stagione perché sono arrivato in corsa, però sicuramente ci siamo sistemati andando avanti e abbiamo giocato un bel basket di squadra, ottenendo buoni risultati. Quest’anno siamo partiti molto male e non saprei indicare una chiave in particolare per la svolta, fatto sta che a un certo punto della stagione abbiamo cambiato il nostro stile di gioco, ci siamo messi a giocare di squadra, abbiamo iniziato a lavorare ancora di più rispetto a prima e sono arrivate le prime vittorie. Poi, si sa, quando si inizia a vincere migliora l’atmosfera e la chimica e quindi tutto viene di conseguenza».

I problemi alla schiena e l’operazione hanno cambiato il suo modo di giocare?
«Direi di sì, a mio avviso ogni infortunio influenza il giocatore che lo subisce. Tuttora sto cercando di controllare questa situazione e di trovare il modo migliore di gestirla con gli esercizi: non manco mai di lavorare con preparatori e fisioterapisti prima e dopo partite e allenamenti. È un qualcosa che mi porterò dietro sempre e anche quando smetterò di giocare a basket dovrò continuare con gli esercizi per tenere il mio corpo sotto controllo».

A metà stagione Caja ha scelto di farla partire della panchina. Come si è adattato a questa situazione?
«È un qualcosa di nuovo per me a Varese, ma onestamente non lo considero un problema. Si è trattato di cambiare un po’ l’approccio per aiutare la mia squadra: se stai in panchina per i primi cinque o sei minuti della partita devi concentrarti sull’analizzare la difesa e l’attacco degli avversari, in questo modo puoi entrare subito pronto in campo quando l’allenatore ti chiama».

Rivedremo KristjanKangur in biancorosso anche l’anno prossimo?
«Non è sicuro che io rimanga perché non ho un contratto garantito: l’estate scorsa ho firmato un 1+1 con possibilità di uscita per entrambe le parti. Se dipendesse solo da me, direi che mi piacerebbe rimanere a Varese. Però è ancora presto e con la società ne parleremo una volta che la stagione sarà finita».

Filippo Antonelli