Si è presa tutti gli onori di cronaca dell’ultimo mese, e se li è presi a suon di gol, con prestazioni lodevoli, con carattere, ma soprattutto con la classe di chi ha saputo aspettare il proprio momento. E’ sempre snervante l’attesa e talvolta fa anche un po’ paura: e se in fondo al tunnel non ci fosse la luce tanto sperata? E se alla fine avere pazienza non servisse a nulla? E se le forze dovessero venire meno proprio sul più bello? Domande lecite, domande a cui solo chi è bravo riesce a rispondere con lucidità, mentre chi è straordinario risponde con i fatti. Ed eccoli i fatti della Belfortese: 3° posto in campionato con 58 punti, il trionfo nella finale playoff del girone, ed un’uscita di scena al 3° turno della post season, il penultimo, a testa altissima. Gli artefici di questo trionfo biancorosso sono tanti, anzi tutti, perché in un gruppo così solido e coeso ognuno ha saputo ritagliarsi il suo spazio e collocarsi al posto giusto al momento giusto, un puzzle perfetto che, uniti tutti i pezzi, ha composto l’immagine migliore.
Primo, fondamentale pezzo di questa composizione, non può che essere quello di Claudio Casaroli, mister al primo anno sulla panchina di Capolago: “In un solo anno ne abbiamo vissute tante insieme, di belle e di brutte, ma non ci siamo mai disuniti, e questo è stato il nostro segreto”, esordisce il tecnico. Poi continua: “Arrivavo da quasi dodici mesi di stop, dovevo riprendere confidenza con il mio mondo, non potevo trovare posto migliore, sapevo dell’esistenza di questo gruppo unico, viverlo da dentro è tutta un’altra cosa, ecco perché il mio primo pensiero è stato quello di cercare di non rompere nessun equilibrio ma di aggiungere pedine che potesse migliorare la squadra”. Ma non è tutto: “Abbiamo condotto un girone d’andata superlativo, poi siamo un po’ calati dopo l’infortunio di Markaj, un periodo nero culminato con la sconfitta casalinga con l’Arsaghese, eravamo fuori dai playoff, siamo arrivati a Gorla con l’acqua alla gola”. E lì cosa è successo? “E’ successo che ho voluto toccare i miei nel profondo, ci siamo guardati in faccia e ci siamo autoconvinti di essere forti, di non temere nessuno, di essere invincibili, abbiamo dato il 120% e invincibili lo siamo diventati per davvero: a Gorla è iniziata la nostra favola, le lezioni prese in campionato ci hanno poi portato a vincere con la Valceresio e con Fagnano è stato un trionfo, fino alla sconfitta nel 3° turno con la Cob91 che però ci ha visto ancora una volta lottare ad armi pari…uscire dai campi avversari ricevendo i complimenti di tutti ti fa capire di aver fatto davvero qualcosa di grande, di aver vinto anche contro un destino che sembrava beffardo e di essere diventati un gruppo dai valori e dalle qualità infinite”. “Ancora una cosa – aggiunge il tecnico – potrei fare tremila ringraziamenti e nominare tutti ma se c’è un nome che deve emergere da quest’intervista è quello di Davide Giardini: abbiamo un feeling pazzesco, il lavoro che fa lui per questa squadra è fondamentale e unico”. D’obbligo, infine, un accenno al futuro: “Fino ad ora ci siamo goduti a pieno tutto ciò che abbiamo fatto, non appena uscirà la graduatoria (per capire se ci sarà un ripescaggio in promozione ndr) ci siederemo e capiremo il da farsi, tutto ciò che posso dire è che per quanto mi riguarda la precedenza ce l’hanno sempre i ragazzi perché il nostro modo di stare insieme è impagabile”.
Fra i perni di un’annata da incorniciare impossibile non citare la difesa meno battuta del campionato ed uno dei suoi migliori interpreti, Marco Ossola: “Una stagione iniziata bene e conclusa ancora meglio nonostante nel mezzo ci siano stati momenti bui, nonostante ad un certo punto la paura di non fare i playoff era presente, sembravamo cotti soprattutto mentalmente e lo si vedeva anche in allenamento, dove mancava la solita alchimia, ma prima di Gorla, grazie anche al mister, è scattato qualcosa dentro di noi, talvolta il cervello non va al pari delle gambe, ma fa la differenza…da lì abbiamo ritrovato le sensazioni giuste e abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto”. “A Belforte c’è un gruppo pazzesco e lo dimostra anche il fatto che alla cena finale non mancava nessuno e che tutti hanno sempre contribuito con entusiasmo alla causa, se però devo dire un compagno che mi ha stupito quello è Da Pos, è arrivato qui da centrocampista, si è rivelato uno dei difensori più forti del campionato” conclude Marco.
Un passo più avanti ecco il faro del centrocampo Fausto Cereti: “Non so neanche da dove iniziare per descrivere quest’annata che è stata bellissima e col senno di poi non avrei potuto immaginarla più bella, anche se mica è stato tutto facile, anzi, di momenti difficili ne abbiamo vissuti parecchi, l’infortunio di Markaj è sicuramente il più lampante, da lì si è innescato qualcosa da cui faticavamo ad uscire, un periodo che ha visto il punto più basso nel pareggio a Luino”. “Adesso è facile dire che sono contento di quel pari – continua Fausto – perché credo che poi qualcosa sia cambiato dentro di noi, arrivare all’appuntamento con il Gorla, nostra bestia nera, e sapere di dover vincere per forza è stato il là verso un finale di stagione pazzesco dove ci siamo ripresi tutto ciò che ci spettava e che meritavamo”. Cereti, l’oratore dello spogliatoio varesino, prosegue ancora: “Non mi stancherò mai di dire che il nostro è un gruppo unico e riuscire ad entrare a farne parte ed esserne all’altezza non è da tutti, quest’anno ci sono ragazzi che sono arrivati in punta di piedi e che sono entrati a far parte di questa famiglia, vedi Sinatra, giocatore d’esperienza che si è messo a disposizione, vedi Da Pos, che si è riscoperto difensore e che difensore, oppure John, giovane ’98 di una personalità incredibile, ma anche Tasco che si è sacrificato tanto per la squadra e poi c’è Davide Giardini, lui è molto più che un ds, è l’anello di congiunzione fra la società, il mister e noi ragazzi, è fondamentale”. Il futuro per Cereti sarà ancora a tinte biancorosse? “Io spero di sì, vorrei rimanere e vorrei tanto rimanesse questo gruppo, so che nella vita e nel calcio si fanno delle scelte, però spero davvero il prossimo anno di essere ancora qui con questa squadra magari a festeggiare una salvezza., chi lo sa. Una dedica? Facciamo due: alla famiglia Fontana per la passione, il rispetto e l’educazione che hanno e che mettono in questo progetto, la seconda ad un mio grande amico qual è Giuliano Markaj, sperando posso rientrare il prima possibile, senza intoppi e più forte di prima; per la prima volta quest’anno sono riuscito a giocare con lui, vederlo dolorante quel giorno è stato bruttissimo, in realtà non è mai mancato, si è subito reinventato allenatore della Juniores vincendo anche il torneo Intercil mercoledì scorso, è sempre stato uno di noi”.
Dulcis in fundo, proprio il bomber dei 17 gol in 17 partite, Giuliano Markaj: “Personalmente non posso essere felice, ho subito un brutto infortunio da cui mi sto riprendendo passo dopo passo, ma al contrario sono contento e stupito per ciò che hanno fatto i miei compagni una bella stagione ed un finale ancor più incredibile. Se me lo aspettavo? A Gorla no, ma dopo aver visto quella partita ero serenissimo e convinto avrebbero fatto bene, in tutta onestà penso si siano tolti anche una soddisfazione maggiore, quella di aver vinto senza di me, perché quando c’è un “bomber” è più facile dare a lui i meriti piuttosto che dividerli equamente, invece loro meritano il successo finale che hanno avuto”. “Dopo il mio infortunio non poteva essere semplice – prosegue l’attaccante – né per me né per loro, ci siamo rialzati tutti e i miei compagni mi hanno promesso subito i playoff, promessa mantenuta, anche se qualcuno mi ha deluso…” Chi? “Beretta e Sinatra perché sono troppo scarsi (ride), no a parte gli scherzi, Da Pos ha fatto una stagione straordinaria trasformandosi a tutti gli effetti in difensore, ma chi mi ha colpito di più è Fabio Arena, solo giocandoci insieme capisci il suo reale valore”. Infine: “Devo ringraziare la società per essermi sempre stata vicina e per avermi dato l’occasione di rimettermi in gioco subito come allenatore, sono soddisfatto anche perché proprio l’altra sera abbiamo vinto il nostro primo torneo, per il resto continuo la riabilitazione, il ginocchio risponde abbastanza bene, ma il futuro resta top secret, quello che mi auguro davvero è che questa squadra l’anno prossimo giochi in promozione”.
Sapete cosa fa la Belfortese a pochi istanti dal fischio d’inizio? Si riunisce in un abbraccio, si riunisce in un cerchio dove gli undici titolari si guardano negli occhi e si lanciano insieme in una nuova sfida. Eccolo il simbolo della Belfortese, ecco perché raccolti e riuniti tutti i taselli di quel puzzle, l’immagine non può che essere una sola, quella di un cerchio. Ma non un cerchio qualunque, un “cerchio perfetto”.
Mariella Lamonica