Una lunga carriera tra Serie D e Serie C, una Serie B sfiorata, un numero sconsiderato di gol e tante esperienza accumunata. L’attaccante Cristian Longobardi ha vissuto tante avventure, ne ha viste di cotte e di crude ed è pronto a prendere per mano il Varese che non ha iniziato come voleva.

Da dove si riparte?
«Dalla reazione che c’è stata dopo Casale e da quella avuta nel secondo tempo a Inveruno. Ripartiamo da quell’atteggiamento che personalmente mi ha dato sensazioni positive. Domenica scorsa abbiamo fatto di tutto per provare a raddrizzare il risultato e purtroppo ci ha battuto la sfortuna. Mi tengo stretto quella larga mezzora di carattere, anche se ancora non basta. Serve solo una cosa in più: i risultati».

Varese-Como LongobardiSenti addosso qualche responsabilità in più?
«Sicuramente sì, ma non perché mi sento un leader, ma in quanto fa parte di me. Sono un napoletano, sono verace, vivo le cose intensamente e me le prendo a cuore. È l’unico modo per fare bene, credere sino in fondo a ciò che stai facendo e io credo fortemente nel Varese».

Momenti “no” possono capitare…
«Nella mia carriera ne ho superati molti. Pensare che tutto filerà sempre liscio è un’illusione, anche nelle migliori stagioni ci sono degli ostacoli. Non mi aspettavo una partenza così, perché c’erano tutte le premesse per iniziare meglio, ma oramai non si può tornare indietro, si può solo guardare avanti».

Com’è l’ambiente in spogliatoio?
«Ci sono tanti ragazzi giovani, magari non abituati alla critiche, ho detto loro che invece devono esserci e sono utili perché diventa bello far cambiare opinione. Un giudizio negativo si deve trasformare in qualcosa di bello. Per farlo dobbiamo lavorare non a testa bassa, ma a testa alta con profilo basso, che è diverso».

Parlando un po’ di te, quali momenti hanno segnato la tua carriera?
«Sicuramente il momento più alto l’ho raggiunto con la semifinale playoff per la B (con la maglia del Rimini nel 2010 ndr); ma anche la stagione al Parma è stata molto intensa emotivamente a causa dell’infortunio».

Perché indossi il numero 17?
«Perché da buon napoletano sono scaramantico… per tutti gli altri è un numero che porta sfortuna invece a me ha sempre portato bene. Io sono nato in provincia di Napoli il giorno 17, ma i miei genitori, per scaramanzia, cambiarono la mia data di nascita optando per il 18».

Sei molto legato alle tue origini?
«Assolutamente sì. Purtroppo dalle mie parti ci torno sempre meno, la mia famiglia, mia moglie e mia figlia, vivono a Cesena e appena possono vengono a trovarmi. Credo molto ai valori in famiglia così come in squadra».

13 varese pro sesto gol longobardiTornando alla squadra, domenica si torna in casa. Arriva il Derthona ultimo in classifica…
«Chi arriva non ci interessa. Noi dobbiamo fare risultato e se scendiamo in campo a testa alta, con convinzione e carattere avremmo già vinto».

Tre sconfitte in cinque partite, una sola vittoria del Varese, due gol di Longobardi, uno dei pochi ad avere  sempre voti alti in pagella…
«Mi piace darmi da fare nella fase di non possesso, penso di essere generoso nei confronti dei miei compagni. Queste sono due delle mie caratteristiche. Sono aspetti che mi appartengono e sono felice vengano fuori. La squadra non è l’attaccante, ma tutti i componenti, sia in campo che fuori».

Elisa Cascioli