Francesco Borghi è il più grande di tre fratelli che sono legati all’hockey varesino fin da quando erano bambini; merito di due genitori appassionati di hockey che hanno cresciuto i figli a pane e ghiaccio e merito anche di Francesco, Marcello e Pietro che, uno dopo l’altro, hanno dimostrato amore e talento per questa disciplina che ha fatto la storia dello sport varesino e che ora sta tornando prepotentemente in auge.

Siete tre fratelli e tutti giocate ad hockey. Come è iniziata la passione per questo sport?
“Mamma e papà ci hanno sempre portati a vedere le gare di Milano e quando hanno scoperto una realtà di hockey anche a Varese abbiamo cominciato a frequentare il PalAlbani. Marcello ed io abbiamo provato a pattinare e ci è piaciuto subito; poi ci ha seguito anche Pietro che ha qualche anno meno di noi, ma ha il nostro identico attaccamento. La nostra storia con i Mastini è quindi partita prestissimo e tutti siamo legati a questa realtà”.

Se tu e Pietro vestite  la maglia dei Bandits, Marcello gioca per il Milano Rossoblù. C’è competizione tra voi?
“Sì, soprattutto quando si avvicina il derby. Tutti vogliamo vincere e si accende la sfida tra noi”.

Anche tu hai giocato per Milano per tre stagioni. Che ricordi hai?
“Ho militato con Milano in A2 e in Serie A durante gli anni universitari in cui mi sono spostato a Milano per studio. È stata una bellissima esperienza di crescita personale e dal punto di vista sportivo mi sono tolto grandi soddisfazioni come, ad esempio, la promozione in Serie A. L’ultimo mio anno milanese ho assaggiato la Serie A e ho affrontato, a causa del famoso sciopero, formazioni blasonate e giocatori di altissimo livello quali lo svedese Hjalmarsson che, una volta lasciata Bolzano, ha vinto il titolo in USA con Chigago”.

Negli anni scorsi sei stato protagonista anche con l’Italia. Com’è vestire l’azzurro?
“Ho disputato il Mondiale Under 18 e purtroppo non ho potuto rispondere alla convocazione per il Mondiale Under 20 a causa di un infortunio. Il ricordo più bello è però quello delle Universiadi 2013 che si sono svolte in Trentino: è in questa occasione che con l’Italia abbiamo battuto per la prima volta nella storia la formazione statunitense; è stato un trionfo e un’emozione indescrivibile. Inoltre, durante la competizione, ci siamo confrontati anche con Russia e Svezia che hanno una grandissima tradizione hockeistica”.

Varese, invece, che cosa rappresenta per te?
“Varese è casa mia, è tutto. È qui che ho iniziato a pattinare e anche quando ero a Milano il mio cuore è sempre rimasto nella mia città. È ancora impresso nitidamente nella mia mente il momento del mio esordio in giallonero con la prima squadra: avevo 17 anni, frequentavo la quarta superiore, e coach Malfatti mi ha fatto debuttare in A2. È stato il coronamento di un sogno che coltivavo fin da bambino, fin da quando sono entrato nel settore giovanile”.

Passando al presente, che cosa ne pensi della neonata realtà dei Bandits?
“Ne sono molto felice ed era ora che a Varese si arrivasse a questa decisione. Ora siamo tutti uniti per un solo obiettivo, quello di riportare il più in alto possibile nell’hockey la nostra città”.

Che gruppo siete?
“Siamo molto uniti, siamo amici e ci conosciamo da tanti anni. Coach Cacciatore, in più, ha un’ottima mentalità e punta molto sulla coesione e sulle motivazioni comuni. Non ci nascondiamo e vogliamo conquistare i playoff. Quanto a me, l’obiettivo personale è di avere un ruolo importante in squadra e aiutare il più possibile i compagni”.

Laura Paganini
(foto Luca Mutti)