Quando ai primi di giugno ho prenotato l’aereo per Londra per l’agognata visita a nostro figlio Matteo, io e la Regina (intesa come mia moglie, Lia Regina Conceicao dos Santos) pensavamo di trascorrere 4 o 5 giorni a rimbalzare tra Piccadilly Circus, Buckingham Palace e i negozi delle strade più frequentate dello shopping londinese. In realtà una serata con il ‘Direttore’ ha fatto modificare, e soprattutto imbufalire Lia, per una giornata i nostri piani: per un giorno sarei stato l’inviato di Varese Sport al prestigioso Torneo di Wimbledon.
Ed eccoci finalmente al tanto atteso lunedì, primo giorno del torneo. Sfruttando l’esperienza dell’anno scorso del buon Matteo, andiamo praticamente a colpo sicuro. Sveglia ad orario fantozziano e partenza da casa alle 6.50. La giornata inizia nel peggiore dei modi con la notizia della dipartita del Grande Paolo Villaggio, colui che ha illuminato il nostro cammino con i suoi capolavori per oltre 40 anni… Il primo pensiero, oltre che alla Corazzata Potemkin, la mitica “cagata pazzesca” va alla partita di tennis tra Fantozzi e Filini. “Filini fisso’, il campo da tennis per la domenica più rigida dell’anno. Dalle sei alle sette antelucane. Tutte le altre ore, man mano che si avvicinava il mezzogiorno, erano occupate da giocatori di casta sempre più’ elevata: Direttori, Direttori Clamorosi, ereditieri, cardinali e figli di tutti questi potenti”. Immortale.
Dopo esserci mossi con sapienza tra underground e treni di pendolari arriviamo al cancello di Wimbledon intorno alle otto. Li veniamo accolti da sorridenti ragazze che ci consegnano un coupon con il numero della nostra posizione nella coda: 9265 e seguenti… letale!!! Il dolore viene lenito da un opuscolo intitolato “A guide to queueing”. Praticamente un bigino di come si fa a stare in coda. Quasi sicuramente e’ stato creato per evitare le consuete barbarie di noi italiani…
Il tempo di attesa, oltre 4 ore, passa incredibilmente quasi senza accorgersene tra una passeggiata nel parco di Wimbledon, una battuta con i vicini di coda e un’infinita colonna ai bagni, ma qui preferirei non scendere nei particolari. Finalmente verso la una ci avviciniamo agli ingressi, sempre rispettando una ordinatissima colonna di persone. Il passaggio dal metal detector è quasi più difficoltoso che all’aeroporto ma di questi tempi e soprattutto da queste parti mi sa che è meglio cosi…
L’applicazione del Torneo, saggiamente scaricata per tempo, ci segnala che al campo n. 8 sta giocando Camila Giorgi e allora ci precipitiamo da lei, giusto in tempo per vederle tirare una serie di cannonate che zittiscono la grandeur della francese Cornet. In alto i cuori!!!
Giusto il tempo di voltarci e scopriamo che al campo n. 3 si può accedere senza il biglietto dei sicuri per cui troviamo il pertugio giusto e ci piazziamo in tribuna per assistere ad un incontro memorabile: l’australiana Party contro l’ucraina Svitolina, che più che una tennista sembra un prodotto da bancone della ferramenta Macecchini…
Ma all’improvviso la nuvoletta di Fantozzi, solitamente ostile, ci dà una preziosa mano… la pioggia provoca un fuggi-fuggi generale e a quel punto arriva l’intuizione degna del Necchi in “Amici Miei”. Corriamo al campo 17 dove giocherà Fognini. Sicuramente si saranno liberati un bel po’ di posti. E così fu. La nuvoletta si allontana repentinamente e ci ritroviamo ad assistere all’epilogo del match tra Young e Istomin, con quest’ultimo che ad un passo dalla sconfitta si arrende ad un ginocchio dolorante quasi quanto il mio…
Questo imprevisto anticipa un po’ l’incontro tra Fognini e Tursonov. Il buon Paglia, in costante collegamento da Varese via WhatsApp, mi comunica che il “ragazzo” ha un passato rispettabile ma un presente e, temo per lui, un futuro da ex atleta. Detto fatto, Fognini passeggia sui resti del malcapitato in tre gradevoli set, in cui ci regala colpi che ci ricordano il suo infinito talento. Ci pensa poi Fognini a ricordarci che il genio va di pari passo con la sregolatezza e ci regala un paio di siparietti comici con il giudice di sedia e una giudice di linea, che definisce “mentirosa”…
Giusto il tempo di un selfie con il vecchio Corrado Barazzutti e via, di corsa in coda per acquistare un ticket per il campo centrale. L’organizzazione infatti rimette in vendita i posti lasciati liberi dagli incauti spettatori che se ne vanno prima della fine della partita a soli 10 pounds che vengono dati in beneficenza. Come per incanto ci ritroviamo nel tempio di tutti i templi del tennis: il Campo centrale. L’emozione è al top ma dopo un attimo che siamo seduti veniamo rapiti dalla classe e dalla sfrontatezza del giovane Medvedev, che ridicolizza un Wawrinka in evidente sovrappeso con giocate di altissimo livello. Che bello!!!
La giornata potrebbe essere chiusa qui ma l’appetito vien mangiando e la fame di tennis spettacolo ci riporta al campo n. 3 dove Karlovic e il naturalizzato britannico Bedene si sfidano a colpi di tie-break. Entriamo sul 76 67 76 67 65 per Bedene. Il pubblico è tutto per l’ex sloveno che a sorpresa strappa il servizio al re degli aces al quattordicesimo game e porta a casa una vittoria che fa gioire il pubblico anglosassone…
Come Mandrake e il Pomata in febbre da cavallo alla stazione di Napoli, veniamo attratti dall’ultima tentazione, un imperdibile sfida tra Donna Vekic e una rattoppatissima Natalia Vikhlyanseva. Prevale facile facile la croata al terzo set, facendoci capire che è ora di tornare a casa.
Doverosa la sosta al negozio di souvenir e prodotti ufficiali del torneo. La tentazione sarebbe quella di comprare tutto quello che c’è in esposizione ma la logica e i prezzi non propriamente popolari mi costringono a fermarmi ad un ombrello, due mazzi di carte e un paio di penne biro. Piuttosto che nagot…
E’ quasi buio quando varchiamo, soddisfatti di brutto, i cancelli dell’uscita. La strada del ritorno scorre senza intoppi tra cambi di metropolitana e bus a due piani.
Entriamo in casa e lo speciale del TG5 in diretta da internet trasmette un commovente ricordo di Paolo Villaggio. Non poteva che finire così. Una lacrimuccia scende senza vergognarsi di farlo ma il pensiero che le sue opere sono immortali lenisce il dolore e riesce anche a strappare un sorriso, anche se la domanda è sempre quella: chi ha fatto palo?
Ivano Barili