Nell’ultima stagione il Verbano si è confermato una volta di più ai piani alti d’Eccellenza sfiorando i playoff; i rossoneri guidati da Celestini hanno saputo confrontarsi alla pari con squadre sulla carta superiori e l’addio dell’ex Napoli dopo quattro anni è stato un duro colpo. È il patron Pietro Barbarito a ringraziarlo in prima persona “Ringrazio con tutto il cuore Celestini per quello che ha fatto qui a Besozzo. Prima di essere un grande allenatore è un grande uomo e averlo avuto con noi per quattro anni è un lusso di cui possiamo vantarci. Gli auguro il meglio perché un allenatore delle sue capacità merita palcoscenici più prestigiosi”.
La sua eredità sarà raccolta da Alessandro Marzio, reduce dall’esperienza sulla panchina della Varesina in Serie D, che dopo la parentesi da giocatore torna al Verbano nelle vesti di allenatore. “Tra i profili che avevamo visionato – spiega il presidente – Marzio era il più adatto per continuare il cammino intrapreso da Celestini. È un piacere riaverlo qui, è un grande professionista e avrà tutto il nostro sostegno”.
Ovviamente questo avvicendamento in panchina è ben diverso dai continui cambi di allenatore che avevano caratterizzato la gestione iniziale di Barbarito, soprannominato lo “Zamparini d’Eccellenza”. Il vulcanico (altro aggettivo ricorrente nella descrizione della sua personalità) presidente sorride: “Forse quando ero più giovane ci mettevo troppo entusiasmo per cui direi che il termine vulcanico lo posso accettare; poi diciamo che gli esoneri non hanno mai influito negativamente sulla squadra. A volte decidevo di sedermi in prima persona in panchina e, non per falsa modestia, i risultati sono sempre arrivati per cui vuol dire che me la cavo anche lì. Il soprannome Zamparini non mi ha mai dato fastidio, anzi è motivo di orgoglio essere paragonato a lui perché ha fatto tanto per il mondo del calcio facendo emergere grandi talenti e dunque merita rispetto. Nel mio piccolo ho cercato di fare lo stesso e con orgoglio posso dire che alcuni giocatori poi arrivati in Serie A sono passati anche da Besozzo”.
Manca poco al venticinquesimo anniversario della presidenza Barbarito che ha indissolubilmente legato questo nome ai colori rossoneri. Cosa è emerso da questo binomio? “Penso di aver dato molto al Verbano. Dalla Promozione siamo passati subito in Eccellenza ed è da ventidue anni che ci restiamo, senza contare le due più che liete parentesi in Serie D. Ho due figli; mi piace pensare che il Verbano sia il terzo. Giocatori o allenatori cui sono rimasto particolarmente legato? Ho sempre detto che nel calcio non bisogna mai innamorarsi perché allenatori e giocatori vanno e vengono; quello che resta è la squadra”.
La passione travolgente che il presidente trasmette alla squadra è indubbiamente uno degli ingredienti fondamentali per costruire una grande società. “Tutti quelli che hanno soldi possono fare calcio – conferma Barbarito – ma non tutti lo sanno fare; il mio stimolo è quello di riuscire a fare meglio degli altri dovendo spendere meno. Sono orgoglioso di quanto fatto in questi anni: ho dato molto al Verbano e non ho mai chiesto indietro niente, nemmeno dalle istituzioni che non ci hanno filato nonostante tutti gli sforzi economici fatti ad esempio per rendere a norma la “Bombonera” per la Serie D. Tutto questo l’ho fatto senza accumulare debiti”.
Parlando di debiti il presidente apre una parentesi, e non disdegna una stoccata, al Varese: “Vivo qui da cinquant’anni, Varese mi ha dato molto e la Città Giardino non merita una squadra del genere: ricordo il Varese in Serie A, mentre ora potrei vederlo fallire per la quarta volta. Non conosco i dettagli della situazione societaria, ma se è vero che come leggo dai giornali negli ultimi anni hanno accumulato un milione e 300mila euro di debiti si dovrebbero vergognare; gente così andrebbe radiata dal mondo del calcio”.
Matteo Carraro