Tracciare il ricordo di un uomo di 39 anni morto in condizioni tragiche come quelle in cui Daniele Belardinelli, per tutti ‘Dede‘, ci ha lasciato è particolarmente difficile. Ora il suo nome è associato inevitabilmente ai disordini successi fuori dallo stadio prima di Inter-Napoli e la sua figura a quella di tifoso ultras di estrema destra.
Ci sono però una moglie, due figli, altri parenti e tanti amici che piangono la scomparsa di una persona a loro cara e che ora non c’è più. Con la consapevepolezza che non si può morire per una partita di calcio, il loro ricordo comune è quello di una persona ‘ammalata’ di calcio, di Varese e di Inter e che al di fuori dello stadio era un ragazzo comune.

“Si sono dette molte cose sbagliate su di lui – la moglie ha dichiarato a varesenews.it – Era un bravo padre e un gran lavoratore. La casa, le macchine e il furgone sono il frutto del suo lavoro. Se chiedete in giro vi diranno tutti che era una brava persona, non ha mai fatto del male a nessuno. Sapevo che si sarebbe trovato con gli amici per andare allo stadio”.

“Sono sorpreso e scioccato da questa notizia. Dal punto di vista dell’impegno sociale non posso dire nulla di questa persona se non che era molto attiva in modo positivo: aveva aperto una palestra, coinvolgeva i giovani, partecipava agli eventi del paese e aveva una bella famiglia – commenta Matteo Bianchi, sempre a varesenews, Sindaco di Morazzone – Morire per una partita di calcio è una cosa pazzesca”.

“Nell’anno della rinascita in Eccellenza del Varese tre anni fa – ci racconta Mavillo Gheller ex capitano dei biancorossi – ho avuto modo di conoscere Dede che poi spesso ho rivisto sui campi da calcio durante gli incontri tra le giovanili. Il figlio gioca a Morazzone e ci si incontrava. Allo stadio, in curva, ha sempre tifato per noi e in giro l’ho sempre visto come una persona a modo”.

“Un tifoso passionale, come sono io – ci dice il bomber di quella stagione Carmine Marrazzo -. Tra di noi c’è sempre stato massimo rispetto e al di là di ogni cosa posso solo dire che è assurdo morire in questo maniera”.

“Amava il calcio, ma non ne parlavamo molto perché io tifo Juventus e lui tifava Inter, non so cosa dire, era un ragazzo solare”. Sono le parole di uno zio di Daniele rilasciate a sportmediaset. “Ci incontravamo ogni tanto perché tutti e due lavoravamo nell’edilizia. Non so cosa sia successo, ho saputo la notizia dal telegiornale”.

Ho avuto modo di conoscerlo personalmente e, magari a modo suo, sono certo che avesse a cuore le sorti del Varese e nelle sue lotte l’obiettivo era quello di poter vedere i colori biancorossi sempre più in alto. Noi di varesesport avevamo esaltato nel 2014 la sua medaglia d’oro. Era conosciuto infatti anche per i suoi successi con la Fight Accademy di Morazzone nella scherma corta. Campione in tutte le specialità di gara, “coltello”, “giacca e coltello” e “capraia”.

Il profilo facebook dei Blood Honour non ha ancora commentato la notizia, ma sui social sono tanti gli amici che lo hanno voluto ricordare con un pensiero, con una frase.

Anche il Calcio Varese ha voluto ricordare lo storico tifoso biancorosso, uno dei capi del gruppo dei Blood&Honour che proprio alla vigilia dell’ultima partita giocata in casa dal Varese contro l’Accademia Pavese era a colloquio con il presidente Claudio Benecchi:

Il capo ultras varesino dei “Blood and Honour” Daniele Belardinelli è deceduto ieri a Milano dopo gli scontri a San Siro a margine della partita Inter-Napoli. Daniele Belardinelli era un volto molto noto a Varese come campione di MMA (combattimento sportivo che combina sia colpi sia tecniche di lotta) ed in particolare nella disciplina denominata “scherma corta” dove spesso si era messo in luce con la conquista di diversi trofei.
Giocatori, dirigenti e tecnici del Calcio Varese, si uniscono al cordoglio della famiglia Belardinelli per la scomparsa del loro tifoso Daniele.

Michele Marocco