L’Ispra Calcio è una nuova realtà nel panorama del calcio femminile nostrano e la squadra di mister Fasola è impegnata nel campionato di Promozione (Serie D). Come ogni mercoledì, una delle giocatrici in rosa si presenta.
Oggi è il turno del portiere Ileana Bertolaso.

“Quella lì è un maschiaccio”. Questa è una frase che ho sentito molte volte durante la mia infanzia, da chi mi conosceva e da chi mi vedeva in piazzetta mentre giocavo a calcio con i miei coetanei. Sono cresciuta negli anni ’80 e, in quegli anni, la realtà calcistica femminile era poco affermata, soprattutto in un piccolo paesino di campagna come quello in cui abitavo. Per una femmina era una vergogna giocare a calcio e non è stato semplice vincere i pregiudizi dei miei pari età, figuriamoci quelli degli adulti.
Inizialmente ero sempre l’ultima ad essere scelta al momento della formazione delle squadre. Mi sembra ancora di sentirli bisbigliare: “Figurati se una femmina è capace di giocare!”. Poi, col tempo, quei bambini diffidenti hanno imparato a capire la mia passione, la mia determinazione e si sono accorti che le mie doti tecniche non erano poi tanto differenti dalle loro. Loro avevano la fortuna di potersi allenare e giocare anche in una squadra, avevano allenatori che spiegavano loro le basi tecniche; io potevo solo osservarli e carpire da loro i “segreti del mestiere”.
I pregiudizi degli adulti, invece, mi hanno seguito per molto più tempo e forse hanno anche lasciato il segno dentro di me, una scomoda sensazione di essere in qualche modo sbagliata; tuttavia, il loro atteggiamento non ha mai placato il mio amore verso il calcio ed ho imparato sulla mia pelle il senso e l’importanza della frase: “Non ragioniam di lor ma guarda e passa”. Arrivata l’adolescenza si è fatto tutto più difficile, il gruppo di bambini più grandi di me, che si trovava in piazzetta, ha preso strade differenti. Loro potevano continuare a giocare nella loro squadra, io non ho fatto altro che dedicarmi agli studi.
Fortunatamente, all’alba dell’anno 2000, le cose hanno iniziato a cambiare: nascevano sul territorio le prime squadre femminili e, una di queste, proprio nel mio paesino. Nulla poteva più ostacolarmi! Iniziò, così, l’avventura dell’Aurora San Giovanni Bosco e, con lei, anche la mia occasione per portare in campo la mia passione. E’ 1999 ed io inizio il mio primo campionato in Serie D.
Il primo anno gioco in tutti i ruoli, sono una sorta di jolly; poi, la svolta: prima di un’importante trasferta sul Lago di Garda, il nostro portiere si fa male e, quasi per gioco, mi offro io per sostituirla. Durante quella partita provo emozioni indescrivibili e finalmente trovo il mio posto in campo.
La stagione successiva inizio la preparazione da portiere e riesco a giocare fino a gennaio. Non uno ma ben due incidenti stradali mi mettono ko schiena e collo. Il buio di questo periodo funesto viene rischiarato dall’incontro con l’amore della mia vita (oggi mio marito da più di 11 anni!). Solo io potevo trovare un uomo a cui non interessa minimamente il calcio! L’anno successivo inizio l’università e trovo un lavoro come educatrice e per il calcio, purtroppo, non c’è più tempo.
Passano, così, tredici anni di astinenza dal calcio giocato, ahimè, gli anni migliori per un/a giocatore/giocatrice, per me, gli anni migliori per essere una brava moglie e un’affettuosa madre. Nel 2014, dopo la nascita del mio secondogenito, sento il bisogno di dedicarmi a un’attività sportiva a livello amatoriale, senza troppi impegni, giusto per “tenermi in forma”. Durante un torneo di calcetto, si avvicina un signore e mi dice che a Ispra c’è una squadra femminile di calcio a 7 a cui serve un portiere. Il pensiero mi tenta ma ho mille dubbi, è mio marito che mi convince a provare. Entro a fare parte di un gruppo straordinario che accoglie a braccia aperte “la vecchietta”. Giochiamo 3 campionati e, nonostante, alti e bassi, il nostro segreto è quello di non arrabbiarci mai tra di noi, andare oltre ai risultati dando sempre il massimo.
Adesso eccomi qua, quel “maschiaccio” è cresciutA, è una mamma super orgogliosa dei suoi due bambini, una moglie felice ed una “portiera” pronta ad accettare la sfida di rigiocare quel campionato a 11 che il destino le aveva beffardamente tolto.